cronaca

2 minuti e 48 secondi di lettura
Nelle strade del centro di Genova passeggiano ancora i volti mascherati e a indossare quell’oggetto che fino a un anno fa era misterioso, non sono soltanto gli over 70, fragili o diffidenti, ma anche molti giovani. L’Italia diventata tutta bianca, cioè liberata dai vincoli del virus, vive ancora una strana situazione di scarsa confidenza con il “liberi tutti” del governo Draghi, dopo mesi e mesi di prigionia. Per fortuna che è così, perché le notizie dense di ottimismo o meglio, di giusta fiducia, devono fare i conti con la variante guastafeste che, secondo alcuni virologi, potrebbe portare addirittura a una nuova ondata autunnale. Dio ci scampi!


Questo rincorrersi di informazioni spesso molto contradditorie, la politica dell’annuncio quotidiano di numeri fortunatamente in calo che viene subito annullata o quasi da quelle minacciose sulla variante Delta in continua ascesa percentuale, probabilmente hanno come prima conseguenza una ritrovata prudenza. Atteggiamento di maturità e buonsenso che fa onore agli italiani e, nel caso specifico, ai genovesi. Insomma, fino a ora l’uso della mascherina anche all’aperto, soprattutto nelle strade del passeggio e dello shopping, quindi affollate, sembra prevalere. Si sopporta il fastidio che con il caldo aumenta progressivamente. Così come non segnano cedimenti alcune regole che, ormai, sono entrate nel nostro nuovo modo di vita. Per esempio il rispetto delle code fuori dei negozi. O l’ igienizzazione delle mani entrando o uscendo da un supermercato. E’ tutto naturale, abitudinario. Impensabile alcuni mesi fa.

“Ora abbiamo paura” commentava ieri un signore che, prima di me, attendeva il suo turno davanti a una farmacia. ”Abbiamo paura di precipitare nel dramma della scorsa fine estate, quando in poche settimane la felicità di esserci liberati dal virus ci spinse a atteggiamenti disattenti, disordinati, a volte spericolati, che ci portarono alle restrizioni più severe e in tanti casi alle tragedie”.

L’unico atteggiamento che non riesco a giustificare è l’opposizione (leggendo le statistiche) dei cinquanta/sessantenni alla vaccinazione. Nemmeno davanti alla possibilità di scegliere il farmaco e, quindi, di rifiutare l’Astrazeneca. Secondo il mio vicino di coda, ormai diventato un utile filosofo di strada, “la categoria 50-60 non evita il vaccino per paura, ma perché vive male la sua età di transizione. Vede – mi confida – sono quelli che spasimano per essere sempre giovani. Quelli che di fronte a ogni vaccino, anche quello banale dell’influenza, commentano: Macché vaccino! Io non ho mai preso niente, nemmeno un raffreddore…figurarsi…”.

Non so se il filosofo in coda abbia ragione. Ma ora, dopo la sua osservazione, osservo con maggiore attenzione quelli che, sia chiaro, perfettamente in regola, passeggiano a volto scoperto. Appartengono per lo più alla fascia dei “resistenti all’età che avanza”. Appaiono sicuri, beati loro, non temono le varianti, o forse hanno deciso di non ascoltare più i notiziari tv, i virologi catodici, i politici ombrosi. Gli irriducibili della giovinezza.
Affronto la salita di via Assarotti sotto il sole cocente. Tolgo anche io la mascherina e respiro. Quella fascia generazionale tra i 50 e i 60 l’ho oltrepassata da molto tempo. Non ho più da temere la fine di una stagione. Fortunato o invidioso?