
Il nodo è la natura pubblica delle Adsp che sono amministrazione pubblica, non imprese assoggettabili all'imposta sul reddito delle società e i canoni demaniali e le tasse portuali che incassano sono tributi. "L'Italia ha riservato alla mano pubblica ogni aspetto legato al settore portuale: la proprietà dei beni, appartenenti al demanio indisponibile dello Stato, l'amministrazione degli stessi, riservata in via esclusiva alle Autorità di sistema portuale territorialmente competenti, la riscossione da parte delle Adsp dei canoni demaniali da parte dei concessionari, che sono vere e proprie tasse pagate dai concessionari direttamente allo Stato e solo riscosse dalle Adsp" spiega Assoporti.
"Abbiamo fatto chiarezza" sottolinea Ugo Patroni Griffi, presidente dell'Adsp del Mar Adriatico Meridionale illustrando le motivazioni del ricorso. "Non è una battaglia contro l'Europa" aggiunge il presidente dell'Adsp del Mare di Sardegna, Massimo Deiana, anche se ricorda che in caso di sconfitta ci sarà un ulteriore passaggio alla Corte di giustizia. "Abbiamo metaforicamente messo in campo le portaerei ma se evitiamo di sparare non dispiace a nessuno - dice Rossi, presidente di Assoporti - Auspichiamo che questo provvedimento venga annullato e riconsiderato, ma qualunque soluzione non dovrà penalizzare l'operatività e la capacità delle autorità di continuare a fare il loro lavoro come braccio del ministero". E in ogni caso prima di cambiare assetto normativo del sistema portuale, di rivedere la riforma Delrio con un dibattito interno "dovremmo prima applicarla per intero, far funzionare la conferenza dei presidenti, emanare il regolamento concessioni e solo dopo riflettere se è richiesto un cambio di paradigma".
IL COMMENTO
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