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Lo sport delle due ruote generà sfottò e repliche tra i tifosi di calcio genovesi
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 Ai tempi dell’ultimo derby, i tifosi genoani avevano diffuso uno spezzone della telecronaca inglese, in cui il giornalista ricordava come i sampdoriani venissero chiamati “ciclisti” dai rivali per via della maglia, simile nella grafica a quella iridata del campione del mondo delle due ruote. Il controspionaggio social doriano aveva accertato che lo spezzone in esame era stato artatamente riprodotto in modo parziale. Nel prosieguo, infatti, il telecronista inglese riconosceva come “meravigliosa” la maglia blucerchiata e completava la digressione menzionando l’appellativo di “piccioni” con cui, in alternativa a “bibini”, i doriani chiamano giocosamente i genoani, denigrando il nobile simbolo mitologico del Grifone. Qualche giorno dopo, il bis: un telecronista parla di Pogacar, che indossa la maglia azzurra del capoclassifica della Tirreno-Adriatico con la fascia biancorossa della squadra di club UAE, come del "sampdoriano" che pedala alla rincorsa del fuggitivo van der Poel. E riparti con il canzoniere,  Innocenti sfottò, che altro resta a Genova a noi innamorati del calcio?

La storia dei “doriani = ciclisti” dura da decenni, almeno da quando nell’autunno del 1990, proprio durante il derby di Branco, i genoani cominciarono a cantare sull’aria di Rosamunda: “Gianni Bugno vieni a giocar nella Samp, questa maglia è fatta apposta per te, Luca Vialli ormai non ce la fa più, non vincerete mai scudetti, solamente il Tour”. Ora, manco a farlo apposta: a fine stagione il Doria vinse il suo primo scudetto, Vialli fu capocannoniere del campionato e perfino Gianni Bugno di lì a poco avrebbe vinto di fila il Mondiale 1991 a Stoccarda e quello del 1992 a Benidorm, indossando per due anni la maglia più ambita dai ciclisti che in effetti assomiglia per foggia a quella del Doria e ne condivide quattro colori su sei (in più ha il giallo e io verde dell’arcobaleno). Per ironia del destino, Bugno non vinse mai il Tour, arrivò al massimo secondo dietro Indurain nel succitato 1991 anno dello scudetto doriano. Con Paolo Bettini, iridato 2006 a Salisburgo e 2007 a Stoccarda, Bugno è il solo ciclista italiano ad aver vinto due Mondiali consecutivi, impresa riuscita in assoluto anche ai fiamminghi Georges Ronsse, Rik van Steenbergen, Rik van Looy, mentre Peter Sagan ha fatto addirittura tris (2015 a Richmond, 2016 a Doha, 2017 a Bergen).

Da questo excursus si capisce che lo scrivente è un ciclofilo oltre la soglia del fanatismo, quindi – dice la vulgata – per forza doriano. Che sia vero, non è però un automatismo. Proprio oggi infatti ha preso a circolare in rete la foto di un altro appassionato di ciclismo, che però veste insegne eterodosse: la maglia rossoblù con Grifone d’oro dei “Grifoni in Bici”. Si tratta di un gruppo di corridori amatoriali dell’alta Val Bisagno che coniugano a perfezione la passione per il ciclismo con quella per il Genoa e sono stati più volte ospiti di Giovanni Porcella a “Gradinata Nord”. Se ne fregano dei motteggi del “fuoco amico”, portano orgogliosamente la maglia del Genoa anche in bicicletta, visto che pedalare è uno degli sport più belli di tutti e perfino più del calcio per qualcuno, sempre chi scrive ovviamente.

Ché poi, alla fin fine, il legame tra il Genoa e il ciclismo è molto più antico della stessa Sampdoria e perfino della società rossoblù. Correva infatti l’anno 1886, sette anni prima della fondazione del Genoa Cricket and Athletic Club cui poco dopo sarebbe stata aggiunta la sezione calcio, con cambio definitivo di denominazione nel 1899, un anno dopo il primo scudetto. In quel 1886, si disputò la seconda edizione in assoluto del campionato italiano di ciclismo e il detentore Giuseppe Loretz, sul percorso da Busalla a Santa Giuletta e ritorno, fu sconfitto da un ventenne scozzese, arrivato poco più che bambino a Genova con la famiglia impegnata nelle forniture navali, sportivo multidisciplinare: Geo Davidson. Era l’avvio di una grande carriera nello sport, proseguita a livello dirigenziale dopo aver smesso con l’agonismo per affiancare il padre in azienda, che lo avrebbe portato a diventare dal 1915 al 1927 presidente dell’Unione Velocipedistica Italiana, antenata della Federciclismo, incarico affiancato dal 1913 al 1920 proprio dalla presidenza della società di calcio del Genoa. Che dire altro? Viva il ciclismo e i ciclisti. Genoani e sampdoriani e atei.