cronaca

Su Primocanale la competizione virtuale e le richieste degli ascoltatori
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Sabato unico e originale quello che abbiamo vissuto insieme nel corso della finale del Campionato mondiale del pesto, in diretta dalla Sala del Minor consiglio di Palazzo Ducale, a Genova.


Perché, se da un lato la precedenza è stata data ovviamente alla competizione virtuale, dall’altro i telespettatori sono stati invitati a chiamare il nostro numero verde 800640771 per richiedere al maestro Sergio Chiappa di suonare al piano motivi che avessero attinenza con le specialità culinarie, meglio se intonate ai sapori della buona tavola.

E le reazioni degli spettatori non si sono fatte attendere.
Alessandra da Genova Marassi ha richiesto subito la canzone-regina, Creuza de ma, per quei versi dove Fabrizio dice: E a ‘ste panse veue cose che daià, cose da beive, cose da mangiä frittûa de pigneu giancu de Purtufin, çervelle de bae ‘nt’u meximu vin, lasagne da fiddià ai quattru tucchi/paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi.

A seguire: Paolo, da Sampierdarena ha richiesto Genova per noi (E i gamberoni rossi sono un sogno), Giovanni da Imperia ha svariato sul tema del cibo da asporto con Vendo casa dei Dik Dik (Un panino una birra e poi…); ecco Sabrina che è andata a pescare nel repertorio dell’amato Lucio Battisti scovando nella Luce dell’est questa perla: Poi seduti accanto in un'osteria, bevendo un brodo caldo, che follia.

Mentre al Ducale proseguiva la finale virtuale, anche noi in studio siamo andati avanti con il menu. Dopo il primo e il secondo, eccoci al dolce e alla frutta. Quindi la telefonata di Roxana che ha chiesto Banane e lamponi di Gianni Morandi (al quale sono andati i nostri auguri di pronta guarigione per il recente incidente domestico capitatogli). Non solo: Gelato al limon, ancora del maestro Paolo Conte e Cerasella, nel senso della ciliegia: Si’ cerasa e si' limone!... Cerasella, Cerasè...

Ma eccoci al caffè, anzi: 7.000 caffè di Alex Britti.
E da bere sulle trenette al pesto? Champagne, hanno suggerito in tanti. Ma alla ligure, assaporato non in una flŭte ma in bel gotto di vetro. E guardando il nostro mare.