In attesa di vederlo trasformare l’acqua in vino e moltiplicare pani e pesci, unici prodigi che finora non gli sono stati accreditati, in settantadue ore dal conferimento dell’incarico Mario Draghi è intanto riuscito in qualcosa di molto simile, se non più difficile, della resurrezione di Lazzaro. Non era infatti scontato raccogliere infatti le compunte adesioni di Lega e M5S al progetto di “governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica”.
La disponibilità di Salvini e Grillo ad appoggiare, e quindi a far parte della nuova maggioranza che diventa quasi un’unanimità, per assurdo ha creato ai partiti più problemi di quanti ne abbia risolto, indebolendone i poteri di veto reciproco e contrattuale con Draghi. Lo schema dell’astensione leghista, infatti, avrebbe devitalizzato i prevedibili mugugni di PD, M5S e LeU sulla prospettiva di ministri verdi, proprio quella che in chiave di controspinta di Archimede aveva fatto nascere, levatrice Renzi, il Conte II. Ma più problemi reciproci hanno i partiti e meno ne ha il presidente incaricato, che conta oggi su 470 voti alla Camera e 270 al Senato.
Draghi è tornato a riflettere a Città della Pieve, ma la strada sembra tracciata. Il presidente incaricato sembra intenzionato a presentare al Colle una lista interamente composta di tecnici, alcuni di “area” politica, per neutralizzare i veti sulla Lega avanzati da Pd e LeU, con l’effetto collaterale di imporre al Nazareno di rivedere i piani iniziali, incentrati su una delegazione di massimo livello a partire da Zingaretti agli Interni o all’Economia. Se appoggiare un governo con ministri verdi avrebbe innescato ulteriori frammentazioni a sinistra, un esecutivo di accademici e studiosi e professionisti affiancati da sottosegretari di provenienza politica consentirebbe una maggiore tenuta di una coalizione che, alla resa dei conti, potrebbe vedere oppositori soltanto le ali estreme dell’emiciclo, da Fratelli d’Italia a Sinistra Italiana.
L’esplicita copertura del capo dello Stato, consapevole dell’allergia alle elezioni di tutti gli attuali eletti chi per paura di perdere il seggio e chi per terrore di doversi prendere in solitudine responsabilità terribili di governo, ha indotto anche i più riottosi ad accettare uno scenario quasi ottocentesco, prossimo al potere esercitato non oltre il perimetro del notabilato di censo e studi. I partiti, per lo meno quelli oggi presenti in Parlamento e i loro esponenti, hanno fallito e accettano senza obiezioni il brusco commissariamento, per ironia della storia deciso da un DC di seconda fila della prima Repubblica quale è stato Mattarella.
Il secondo giro di consultazioni del premier incaricato Mario Draghi riprenderà alle 15 di lunedì con il gruppo misto della Camera e si chiuderà martedì alle 17 con il Movimento 5 stelle. Entro mercoledì mattina Draghi salirà al Colle per sciogliere la riserva e proporre la lista dei ministri. Il voto di fiducia non lo preoccupa: dati i poteri che gli vengono ormai riconosciuti, se cadesse, al massimo entro tre giorni risorgerebbe.
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Governo: Draghi verso un esecutivo di soli tecnici, mercoledì sale al Colle
Il presidente incaricato gioca sagacemente sulla debolezza dei partiti e sui loro veti reciproci
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