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Il presidente della Camera ha tempo fino a martedì per verificare la ricomposizione della maggioranza giallorossa e un suo eventuale allargamento
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Ogni volta che in una crisi di governo affiora il concetto costituzionalmente irrituale di “mandato esplorativo”, il ricordo torna a quarant'anni esatti fa. A commento dell'incarico conferito da Pertini a Spadolini, il buon Renzo Arbore si era inventato un blues che vedeva il corpulento risorgimentista prestato – e mai più, come tanti, restituito... vi ricorda qualcuno? - alla politica nelle file del PRI, impegnato in un safari centrafricano. Da buon esploratore.

Le note scanzonate di “Spadolini nella giungla”, per chi se le ricorda, contrappuntano adesso in lontananza la missione di Roberto Fico, impegnato a far succedere a un governo PD-M5S-IV-LeU a guida Conte un nuovo governo PD-M5S-IV-LeU a guida Conte, possibilmente senza far capire agli italiani – e al resto d'Europa che incuriosito ci guarda – il perché di questa crisi che potrebbe risolversi con un ritorno al punto di partenza. In attesa che Renzi se ne inventi un'altra.

Il presidente della Camera è stato scelto da Mattarella, in luogo della seconda carica dello Stato ovvero la Alberti Casellati che guida Palazzo Madama, per via dell'appartenenza al M5S, il cui orientamento potrebbe decidere le sorti di Conte e della coalizione giallorossa.

In questo fine settimana di lavoro, con l'obbligo di riferire al Quirinale in tempi rapidissimi, Fico dovrà chiarire innanzitutto come sia stato possibile che, di fronte alla disponibilità di PD e M5S ad appoggiare un Conte-ter, l'incarico non sia stato direttamente conferito al presidente del consiglio uscente.

Il quadro politico è instabile, almeno quanto il perimetro fissato da Mattarella alla ricognizione di Fico. “E' emersa – ha detto infatti il capo dello Stato, prima di convocare al Quirinale il presidente della Camera - la prospettiva di una maggioranza politica composta a partire dai gruppi che sostenevano il governo precedente. Questa possibilità va peraltro doverosamente verificata”.

Il passaggio chiave è “a partire”: quindi si profila una maggioranza diversa, previa risoluzione di due questioni preliminari: PD e M5S che a parole non vogliono più sentir parlare di Renzi, Renzi che non vuol più sentir parlare di Conte. Un altro premier? E se fosse proprio l'esploratore? Fin dalla tarda serata, negli incontri riservati a Roma, in molti si sono chiesti se Fico non fosse in realtà una... mela, avvelenata s'intende, per dividere quanti fra i grillini siano disposti a “morire per Conte” da quanti invece, pur di proseguire l'esperienza parlamentare difficilmente ripetibile alla luce dei truci sondaggi, accetterebbero altre soluzioni.
L'incarico, come ha esplicitamente sottolineato lo stesso Fico, ha connotazione intermedia; ma strada facendo la fisionomia del mandato potrebbe consolidarsi, anche perché tale prospettiva lascerebbe libera la poltrona centrale di Montecitorio, per la quale in funzione Quirinale si è prenotato da tempo Dario Franceschini.

La partita della crisi non si gioca poi soltanto a Roma, capitale di un'Italia osservata speciale sia per il ruolo di incognita nell'Unione, per via di un elettorato maggioritario non fervente europeista finora cauterizzato a Palazzo, sia per certe iniziative autonome di politica estera condotte negli ultimi anni o addirittura giorni.

Hanno via via incuriosito molte cancellerie occidentali - e i relativi servizi - i rapporti da una parte tra la Lega e la Russia e dall'altra tra i grillini e la Cina, fino al trasporto a suo tempo sbandierato – forse per l'ingenuità del neofita, forse per inesorabile dilettantismo – da Conte per Trump. Tutte cose che non sono sfuggite né al Dipartimento di Stato né a Bruxelles, ma non in Avenue Schuman, sede dell'Unione Europea, bensì in Boulevard Léopold III dove sorge il palazzo a fermacapelli nuova sede della NATO, alla cui segreteria generale non nasconde di ambire Renzi, per questo intenzionato a rientrare al governo in un ruolo non minore degli Esteri o della Difesa.

Ma proprio il senatore toscano, in queste ultime ore, ha destato a sua volta attenzioni per non dire sospetti, in merito alla strana trasferta saudita con tanto di colloquio a tu per tu - culminato nell'auspicio di un “rinascimento arabo” - con Mohamed Bin Salman, uomo forte di Riyadh accusato dalla Cia del ruolo di mandante nel delitto Kashoggi, perpetrato nel consolato saudita a Istanbul con efferatezza splatter da B-movie, probabilmente didattica nei confronti della pur sparuta dissidenza interna.

La partita della crisi si gioca comunque tutta all'interno della maggioranza, perché a destra le spinte parcellizzanti contrappongono entrismo a intransigenza. L'unità di intenti nella richiesta di elezioni presentata a Mattarella contraddice infatti alcune dichiarazioni di forzisti e leghisti, oltre agli esponenti dei pianetini della galassia berlusconiana, rispetto alla disponibilità verso un governo di unità nazionale, già delineato nei ruoli chiave. Draghi sarebbe l'uomo forte all'Economia, mentre alla presidenza le opzioni riguardano una figura femminile (la giurista Cartabia o la diplomatica Belloni) oppure il presidente del parlamento europeo Sassoli.

Fico salirà al Colle martedì. Nella canzone di Arbore, era Craxi a salvare Spadolini dalla fauna mordace, che un altro artista aveva classificato in antilopi e giaguari, sciacalli e lapin. “C'è Bettino nella giungla, c'è Bettino il salvator”. Stavolta a soccorrere il giovane esploratore Roberto potrebbe essere l'uomo che, ormai molti anni fa, aveva avuto Craxi come testimone di nozze. “Se torniamo dalla giungla, il mio appoggio ti darò, presidente del Consiglio col mio aiuto ti farò”. Come diceva Conte, quell'altro, pure lui avvocato: “Era un mondo adulto, si sbagliava da professionisti”.