cronaca

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Quando il giovane John Elkann - J.E. detto all'americana - ascese alla guida della potente Famiglia Agnelli, si dissero due cose. La prima: il core business della real casa sabauda rimane e rimarrà l'automobile. La seconda: i giornali, compresa La Stampa, ovvero il foglio casalingo, saranno sempre più marginali, un giocattolo del quale John tenderà a disfarsi nel breve-medio periodo. Si disse, per la verità, una terza cosa: la Juventus e la Ferrari rimarranno un impegno per Exor, la cassaforte del gruppo, però serviranno soprattutto per rinverdire il successo del casato di fronte all'opinione pubblica. Gli sport di massa, si sa, sono un po' l'oppio dei popoli. Ma basta investimenti da far tremare i polsi.




A distanza di qualche anno, chi formulò quelle previsioni deve come minimo rivedere le sue posizioni. Nel frattempo, infatti, sono accaduti eventi che hanno rovesciato i tavoli. Giusto all'antivigilia dell'Epifania 2021, infatti, la Fiat - o meglio, l'erede Fca - ha praticamente smesso di parlare italiano. Nominalmente Exor, e quindi gli Agnelli, sono gli azionisti di maggioranza, ma grazie alla fusione con Psa Peugeot a comandare saranno i francesi. Lo dicono i documenti. L'operazione avrà un closing secondo cui sarà Peugeot a comprarsi Fca, il board avrà sei componenti francesi e cinque italiani e la guida toccherà ai parigini. Stellantis, questo il nome della nuova azienda, avrà infatti come presidente proprio John Elkann, ma al volante, in quanto amministratore delegato, ci sarà l'ingegnere portoghese Carlos Tavares, gran capo di Psa.



La cosa buffa, ma forse bisognerebbe dire la beffa, è che cinquant'anni fa Gianni Agnelli, il nonno materno di John Elkann,  tentò l'operazione inversa, cioè l'acquisizione della Citroen, che oggi sta dentro Psa. Fu il generale Charles De Gaulle in persona a fermare l'Avvocato, perché riteneva che dire Citroen fosse come dire Francia. E la Francia non poteva essere comprata dall'Italia.




Oggi, senza voler peccare di provincialismo di fronte alla costituzione del quarto gruppo mondiale dell'automobile, avviene un po' la cosa a rovescia. Evidentemente, la Francia può comprarsi l'Italia. Soprattutto se c'è la complicità della Famiglia Agnelli, che a deitalianizzare l'azienda aveva cominciato da anni, spostando le produzioni, le sedi legali e quelle fiscali. E se c'è pure la connivenza-acquiescenza del nostro governo, incapace di battere un sol colpo per ottenere almeno un po' di garanzie sul terreno occupazionale.




La verità, dunque, è che con l'avvento di John Elkann solo da un punto di vista formale l'auto rimane il core business della famiglia. In realtà siamo di fronte a una dismissione che, però, sarà molto ben retribuita: gli Agnelli non comanderanno in Stellantis, ma riceveranno dei ricchi dividendi. Tutto secondo tradizione, a ben vedere, visto che l'Avvocato, in base a quanto si racconta, soleva chiudere le assemblee di famiglia - circa 150 persone -  con un invito che in realtà era uno sferzante giudizio sul parentado: visto che non ci sono domande, potete passare alla cassa.



L'operazione Stellantis va in questo solco, mentre certo non verso il disimpegno è mirata l'attenzione di J.E. per l'informazione. I suoi piani strategici prevedono l'inesorabile prevalere del digitale sulla carta, ma intanto il giocattolo La Stampa è diventato il veicolo attraverso il quale, nel volgere di pochi anni, la real casa sabauda, che ha assorbito prima Il Secolo XIX, antica e autorevole voce genovese nel campo dell'informazione, e poi l'intero gruppo Repubblica-L'Espresso, compresa la galassia Finegil, formata da tanti storici quotidiani locali.




Una volta si sarebbe detto che in questo modo gli Agnelli puntavano a condizionare la libera informazione, per gestire i loro affari senza il fastidio di importanti voci contrarie. Un po' è vero, se guardiamo come i colossi delle news stanno trattando la nascita di Stellantis. Ma bisogna riconoscere che il fine primario non era questo, considerato che l'ascesa degli Agnelli nel mondo dell'informazione porta il marchio di investimenti in un business da cui, però, ancora è difficile capire quale sarà l'utile.





Quanto a Juventus e Ferrari, infine, l'atteggiamento di Torino sembra calzare perfettamente con i tempi. Sia nelle spese per Ronaldo e gli altri grandi giocatori bianconeri, sia in quelle per la Ferrari. Le prime, però, stanno diventando un po' esagerate e allora Exor pare volerci mettere un freno. Mentre sulle seconde non serve poi tanta attenzione. Ferrari è un marchio dal quale la Famiglia Agnelli ricava e sa di poter ricavare in futuro altissime cedole, perché nel mondo ci saranno sempre dei ricconi con la possibilità di comprarsi un esemplare di quell'auto per il solo gusto di esibirla.




Il Cavallino era e rimane uno status symbol: ostentato o sognato lo stabilisce il variare delle tasche. Bisogna soltanto raddrizzare le prestazioni sportive in Formula 1, ma questo è poco più di un dettaglio. Per il resto, il giovane John Elkann, pur rovesciando le previsioni, anzi proprio grazie a ciò, potrà rivolgersi ai parenti come faceva il nonno: passate alla cassa. Potrebbe aggiungere: ci penso io, quindi non fatemi domande. Ma J.E. non lo farà mai, non è nello stile a parole della "sua" royal family.