politica

Entra in vigore la ridefinizione dei collegi con effetti paradossali per la nostra regione
2 minuti e 28 secondi di lettura
 La Liguria diventa sempre più irrilevante, con l'odierna entrata in vigore del decreto legislativo sulla riduzione e ridefinizione dei collegi, pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale e conseguenza della riforma costituzionale sulla riduzione dei componenti di Camera e Senato. I parlamentari liguri scenderanno da 24 a 15, con i senatori ridotti da 8 a 5 e i deputati da 16 a 10. Inoltre ampie porzioni del territorio rischiano di non essere rappresentate: nei nuovi collegi uninominali liguri il territorio di Imperia viene accorpato a Savona, la zona del Tigullio (per molti anni sul punto di diventare provincia con sede a Chiavari) alla Spezia, mentre per il Senato - con due soli collegi in tutta la Regione - è Genova ad essere "spezzata" in due, divisa tra le metà della regione.

Non ci sono spazi per tornare indietro, a meno che una nuova maggioranza non si assuma l'onere di approvare una legge costituzionale di abrogazione della riforma. Ogni nuova riforma elettorale, dotata del rango di legge ordinaria, non potrà sfuggire al taglio lineare del 36% che porta i deputati da 630 a 400, i senatori da 315 a 200. Con 345 eletti in meno, la rappresentanza del territorio verrà ridotta e la nostra Regione, pur logisticamente importante a livello nazionale per via del porto e dell'economia dell'indotto, avrà meno voce a Roma.

"Indubbiamente una regione piccola come la nostra - riflette il costituzionalista Lorenzo Cuocolo, ordinario di diritto pubblico all'Università di Genova - esce penalizzata da una simile riforma, che non ho mai considerato una buona riforma. Il rango costituzionale della riduzione dei parlamentari non offre in tempi brevi margini di ripensamento, anche la strada dell'eventuale incoerenza rispetto ad altre norme della Costituzione è decisamente in salita. Non c'è alcuna garanzia che meno parlamentari garantiscano un migliore funzionamento delle assemblee legislative, se ci sono meno persone a fare le stesse cose di prima si profila il rischio opposto".
"Intervenire con un taglio lineare dei parlamentari - prosegue - era forse la strada più popolare per un immediato dividendo politico elettorale, ma sarebbe stata preferibile se non una riforma costituzionale complessiva, strada ambiziosa quanto impervia, almeno una revisione dei regolamenti parlamentari. Si è scelta una strada che comporta un risparmio irrisorio e un rischio elevato di perdita di qualità sia degli eletti, sia dello stesso lavoro parlamentare".
Di fronte alla marginalizzazione della Liguria, come degli altri territori meno popolati, si può rimediare in tempi brevi soltanto con un lavoro sulla legge elettorale: "Oggi ci misuriamo - sottolinea il professore - con un sistema misto, in parte uninominale e in parte proporzionale, a turno unico. Un metodo che non garantisce la rappresentanza dei territori e il legame tra elettori ed eletto di collegio". Il tempo non è infinito, gli stessi parlamentari uscenti della XVIII legislatura devono affrontare entro il 2023, salvo emergenze sopravvenienti, il problema della rappresentanza, che se non risolto segnerebbe un altro passo nel distacco tra cittadini e politica.