La Procura di Savona sta valutando di aprire un fascicolo contro ignoti per violazione del segreto istruttorio, dopo il post della Comunità San Benedetto al Porto di Genova sulla morte del 33enne Emanuele Scalabrin. L'uomo, lo scorso 5 dicembre, è deceduto nella camera di sicurezza della caserma di Albenga (Savona) dove attendeva il trasferimento in carcere dopo un arresto per droga. La Comunità, nel messaggio in cui annunciava di aver chiesto una interrogazione sull'episodio al ministro dell'Interno Lamorgese, ha fornito una serie di dettagli circostanziati sull'inchiesta che, secondo la Procura, non avrebbero dovuto essere diffusi. Nel frattempo proseguono le indagini del pm Chiara Venturi per far luce sull'accaduto dal momento dell'arresto alla morte.
L'esito dell'autopsia, effettuata nei giorni scorsi, sarà noto solo tra due mesi, dopo l'esame tossicologico disposto dal magistrato. L'obiettivo è chiarire le cause dell'arresto cardiocircolatorio che ha portato l'uomo alla morte. Si indaga anche sulla visita al Pronto Soccorso, sulla cui la Comunità San Benedetto ha avanzato dei dubbi: l'obiettivo ora è capire se l'uomo (che accusava sintomi da crisi d'astinenza) si sia limitato a presentare la ricetta del metadone che aveva con sé o se abbia riferito anche altri sintomi.
Per quanto riguarda le telecamere di sorveglianza della cella, la Procura non ha confermato il dubbio che fossero "non funzionanti" avanzato dalla San Benedetto.
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