salute e medicina

Viva ai politici che tagliavano, chiudevano ospedali, letti, corsie
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Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa: di fronte alla catastrofe del sistema sanitario ospedaliero spazzato dalla pandemia mi tornano alla mente decenni di inchieste e di interviste sul futuro della nostra sanità. E in particolare sugli ospedali, sull’esigenza di ridurli, di renderli efficienti e sempre più vuoti di letti e corsie. Un ospedale in più sembrava una bestemmia, un insulto non solo all’economia sanitaria, ma all’efficienza di tutto il sistema. Viva pochi ospedali, asciutti, con tutti i servizi, con il Dea di 1 classe per le emergenze, le super rianimazioni.

Viva ai politici che tagliavano, chiudevano ospedali, letti, corsie. Viva quegli amministratori che accentravano, razionalizzavano e lotta senza quartiere a chi resisteva. Abbiamo chiuso tanti ospedali “minori”, Busalla, Levanto, Nervi, Bolzaneto e la lista è lunghissima. Abbiamo esaltato i leader che avevano il coraggio di sfidare le popolazioni, che scendevano in piazza con cartelli e striscioni in difesa del loro ospedale. Mi ricordo una intervista a Bruno Tabacci, ex democristiano, poi ex di tante altre parti politiche, che si inorgogliva rivendicando da presidente della Regione Lombardia di avere chiuso tanti ospedali, di “avere” riequilibrato il deficit sanitario della sua terra.


Oggi che montiamo gli ospedali da campo alla porta dei pronto soccorso, che organizziamo gli Hotel Covid in ogni provincia e riempiamo gli alberghi vuoti di degenti “a bassa intensità” e cerchiamo come l’acqua nel deserto ospedali dismessi, padiglioni abbandonati, residenze “protette” per ospitare chi sta uscendo dall’infezione maledetta, tutti quei tagli ci sembrano appartenere a un altro mondo. Oggi che le terapie intensive si riempiono minacciosamente ora dopo ora, ripercorriamo quel percorso che le isolava in pochi ospedali di punta e le strappava dal territorio. C’è una pandemia che nessuno poteva immaginare, se non qualche scienziato pazzo o visionario negli anni dei tagli e, in qualche tempo più recente, qualche virologo più lungimirante.

Il mondo della sanità si è capovolto
. E non è solo questione di strutture. Da quanti anni c’è il numero chiuso a Medicina e il percorso infermieristico è diventato così selettivo e complicato? Perché i tempi delle specializzazioni si sono così dilatati e sfornare anestesisti, rianimatori è diventato un processo di anni e anni? Perchè la macchina burocratica di concorsi, dei bandi è diventata una giungla? Era una medicina cosidetta “moderna”, che voleva personale selezionato e non ridondante, strutture agili, l’ospedale-albergo, ricordate? Ora invece abbiamo, come extrema ratio, l’albergo-ospedale: il mondo capovolto.

Non sappiamo come usciremo da questa tregenda del Covid
. Certo tutta la sanità dovrà essere ripensata dalle sue fondamenta, indipendentemente dalle pandemie. A partire dalla immane ricadute di tutti gli altri malati e pazienti extra Covid, che in questo tempo drammatico il sistema non ha potuto curare.