cronaca

Diario di lavoro: Da Sarzano a Campopisano tra Meloria, Margherita e Dante/1
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Per la prima volta nella mia vita di cronista mi sono confrontato davvero con la storia di Genova. Intendo dire che non l’ho incontrata casualmente, a frammenti, spinto o costretto dalla necessità di sapere qualcosa di un fatto o di un personaggio per esigenze di lavoro. L’ho dovuta leggere tutta, anche utilizzando testi differenti. Da Michelangelo Dolcino a Aldo Padovano, da Teofilo Ossian De Negri a Federico Donaver. E poi Ansaldo, l’Airaldi, Marcenaro e altri. Il lockdown l’ho occupato anche così. E almeno di questo non mi sono pentito.

La storia di Genova è affascinante, torbida, divertente, criminale, ribelle, elegante, movimentata da colpi di scena, ritmata da personaggi di grande carattere e spesso di altrettanto grande perfidia. Bellissima. Cinematografica, avvincente quanto la televisiva “Casa de papel” che ho scoperto su suggerimento dei figli e mi ha fatto consumare le lunghe serate dopo i bollettini di guerra della politica.….. Accordi & tradimenti, amore & morte sono i nodi che legano queste vicende, sia nella Spagna di oggi che nella Genova del XIV e XV secolo.

Per questo, sempre nell’isolamento pandemico, ho pensato di lavorare a un docufilm da realizzare per Primocanale. Un “Racconto di Genova” a tappe, partendo dai luoghi, dalle strade, dai caruggi, dalle piazzette come un viaggiatore, per divagare con lo spirito del “flaneur” senza confini cronologici. La storia mi ha catturato, spesso costringendomi a deviazioni, salti a ritroso e subito dopo balzi in avanti. Da Simon Boccanegra a Napoleone, da Mameli ai tupamaros della Valbisagno, da Verdi a De André, da Goldoni a Sanguineti. Ha disegnato a sua volontà il mio itinerario e tutte le scelte conseguenti. Le sarò per queste montagne russe eternamente grato.

Il lavoro di scrittura ora è completato, anche se i ripensamenti sono quotidiani. Sono cominciate anche le riprese in città con l’aiuto di un bravissimo operatore, sotto la guida di un montatore-factotum che poi, a suo piacimento, manipola testi e immagini rendendoli gradevolmente visibili. Fortunatamente con una bella dose di sapienza professionale. Ho pensato di raccontarle a tappe queste esperienze. Una specie di diario che mi serve per riordinare le idee. E, chissà, a stimolare qualche vostro interesse o raccogliere suggerimenti. O correggere errori. Molti genovesi, per fortuna, conoscono bene la storia della loro città e ne sono gelosamente orgogliosi. E una benemerita associazione come “A Compagna” contribuisce a tutelare questa storia e a farla conoscere.

Dunque sono partito da piazza Sarzano perché Genova è nata qui, nel “castrum” romano. Incontrando Benedetto Zaccaria stratega nella battaglia della Meloria (i Genovesi battono i Pisani nel 1284) e Margherita di Brabante, moglie di Arrigo VII, morta a Genova di peste nel 1311 (ahimé, l’ossessione delle epidemie….) e ricordata nel magnifico monumento funebre con “elevatio” di Giovanni Pisano (star dell’epoca) conservato nel museo della scultura di Sant’Agostino. Un monumento che era nella chiesa di San Francesco a Castelletto (distrutta) e che fu smembrato e ritrovato a frammenti come in un’ incredibile caccia al tesoro. Ricordo agli inixi del mio lavoro di giornalista la cronaca del ritrovamento di un pezzo del monumento conficcato nel muro di cinta di un giardino nobiliare.

Ecco due personaggi che si sono sfiorati perché Arrigo e la moglie (amatissima dai genovesi) erano ospiti proprio della potente famiglia degli Zaccaria (signori dell’allume) nel palazzo di questi fuori mura, nell’attuale via San Vincenzo. Subito la storia di Genova accende contrasti, contraddizioni, un imprenditore come Zaccaria che però era anche un fantastico stratega militare, una città potente con mire espansionistiche su tutto il Mediterraneo. Un’ imperatrice amatissima e sofferente. Col marito che si propone di pacificare i rissosi abitanti della penisola, genovesi compresi e muore poco dopo di lei. E fa portare il suo cuore nella tomba della consorte.

Sistemo i miei due attori, riprendiamo piazza Sarzano meravigliosa senza auto posteggiate in mezzo e poco distante l’incanto di Campopisano con il magico “risseu” e sotto i corpi dei prigionieri pisani. E a pochi metri di distanza, il vico dove era la casa natale di Nicolò Paganini, vico di Gatta Mora. Scomparso, cancellato dalle ruspe insieme a via Madre di Dio per aprire i Giardini di Plastica.

Genova città ingrata con i suoi figli tanto da distruggere le loro case? Gli spunti crescono, le riprese si accavallano. Ma come? Paganini per avere successo deve andarsene, proprio come è accaduto in questi anni a tanti giovani genovesi costretti a emigrare. Ci ripetiamo. Roberto Iovino, critico musicale mi dà una mano a capire. Ritorno su Sarzano e scendo verso gli accoglienti e democratici Giardini Luzzati dove lo storico dell’arte Ferdinando Bonora mi spinge con entusiasmo sottoterra in una meravigliosa arena romana raccontandomi le vicende di un altro mondo.

Sono soltanto all’inizio del “Racconto di Genova” e già cresce la magnifica confusione. Mi aiuta a riordinare le idee sulla Meloria lo storico genovese andato alla romana Sapienza, Antonio Musarra, che sulla battaglia ha scritto un libro indispensabile. E su Margherita l’archivio di Primocanale dove ritrovo una mia antica intervista davanti alla marmorea imperatrice con due valenti storici dell’arte, Silvio Ferrari e Adelmo Taddei.


Sento che il mio viaggio sarà complicato e me ne rendo conto quando sulla strada di casa, in vico Parmigiani, da Piazza Fontane Marose mi viene incontro barcollando Dante, appena pestato dai ceffi di Branca Doria , la “battitura” la chiama il Foglietta, e spiega che in fondo il Sommo se l’era cercata “surgelando” Branca in un lago ghiacciato dell’Inferno nella Tolomea, tra i traditori degli ospiti, perché aveva fatto uccidere il suocero dopo averlo invitato a cena. Tagliandolo anche a fettine. Peccato che quando l’Alighieri aveva scritto questa pagina il Doria fosse ancora vivo e furioso con l’ingombrante cronista. Chiederò lumi al professor De Nicola che ha pubblicato proprio in questi giorni un prezioso “Dante tra noi”. Siamo sempre nel 1311 e ho smarrito completamente il senso del tempo. Però con i cronisti scomodi i metodi di alcuni potenti senza scrupoli non sono di molto cambiati. La Storia insegna sempre qualche cosa. Il problema è impararla bene e non dimenticarla.
(1-continua)