cronaca

Praepotens Genuensium Praesidium: Grazie allo strapotere dei Genovesi
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Non c’è dubbio che la Torre di Galata (nell’attuale Istanbul) sia un simbolo importantissimo della presenza genovese (e quindi di buona parte d’Europa che usava le navi genovesi) in Oriente, presenza sancita con la prima crociata al termine della quale (1099) Goffredo di Buglione concesse a Guglielmo Embriaco di incidere a lettere d’oro sull’architrave del Santo Sepolcro la scritta: “Praepotens Genuensium Praesidium” (“Grazie allo strapotere dei genovesi”) a memoria dell’incredibile impresa dei Genovesi.


Con la sconfitta di Pisa alla Meloria (1284) e con quella di Venezia a Curzola (1298), Genova diventa la più grande potenza marittimo economica del Mediterraneo, cioè del mondo di allora.

Il predominio genovese durerà fino alla caduta di Costantinopoli e decadrà definitivamente dopo la scoperta dell’America, che comportò la trasformazione dei genovesi da mercanti a banchieri.


Ricordo che la caduta di Costantinopoli avvenne per opera dei Turchi Ottomani, guidati dal sultano Maometto II, che conquistarono la città martedì 29 maggio 1453, dopo circa due mesi di combattimenti. Nel 1953, per celebrare il cinquecentesimo anniversario della conquista di Costantinopoli per mano turca, fu affissa alla Torre una lapide che recita più o meno testualmente: "Il 29 maggio (1453) / mattina del martedì / la colonia dei genovesi di Galata / offrì la chiave al sultano Maometto il Conquistatore e offrì la consegna della Torre di Galata / (il patto fu) concluso il 1 giugno di venerdì".


È interessante osservare che Costantinopoli fu formalmente perduta non il 29 maggio, ma il primo giugno, perché i genovesi rifugiati nella Torre di Galata resistettero ancora per tre giorni e forse poterono persino patteggiare la resa.


Questo è, in sintesi, quello che ci racconta la storia. Oggi scopriamo che il governo turco decide di intervenire sulla Torre per lavori di “ammodernamento” che, di fatto, comporteranno la distruzione della parte più antica della Torre risalente al XIV secolo.


Quel monumento è la memoria della potenza dei genovesi di allora e forse sarebbe il caso di inoltrare una protesta formale non solo del Sindaco di Genova e del Presidente della Regione, ma anche dalla nostra ambasciata.


Ricordando di sfuggita l’abbattimento delle varie statue di Colombo e gli incendi dolosi di numerose chiese francesi, nasce l’amara considerazione che noi europei contiamo sempre meno perché, per mille motivi spesso riassunti nella dizione del “politicamente corretto”, stiamo sempre di più perdendo la nostra identità e quindi la nostra capacità di ottenere quel rispetto diffuso che da solo potrebbe impedire questi ed altri scempi.