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"La bicicletta è un modo di accordare la vita con il tempo e lo spazio, è l'andare e lo stare dentro misure ancora umane". Un concetto ripetuto da un maestro di giornalismo, il compianto Sergio Zavoli, ed evidentemente non così condiviso sulla Riviera del ponente ligure.

Dopo settimane di evitabili polemiche, con ricadute che potenzialmente proseguiranno pure sulle edizioni del futuro, è arrivato il sabato della Milano - Sanremo. Una corsa ciclistica internazionale definita Monumento - non una gimkana della Pro Loco, va ricordato - che porta il nome della Liguria nel mondo. Lo fa con una forza dirompente su mercati, come quelli del Nord Europa, in cui la bicicletta è sport nazionale ben più forte del pallone.

Alla luce di quanto rappresenta quella Classica nel panorama sportivo e turistico risulta, tuttora, incredibile come la vicenda legata alla presa di posizione dei sindaci del savonese, contro il passaggio della gara, sia stato archiviato, tutto sommato, sotto silenzio. Un po’ di polemica naturale e poi stop, per convenienza generale, a 40 giorni dal voto regionale e di molte amministrazioni comunali.

Mestiere sempre più difficile, quello del primo cittadino, a prescindere dalla grandezza della comunità che amministra. Spesso, lasciato solo a fronteggiare problemi più grandi delle proprie potenzialità privo di strumenti. Ma davanti a un simile ritornello, qualche volta, è pure l'ora di dire basta. "Servono normalità e buon senso, non eroi" ripete spesso il cucinosofo, Sergio Rossi, nelle trasmissioni di Primocanale legate alla promozione della Liguria. Ingredienti in cui rientra anche l'onestà legata all'ammissione dei propri errori. 

E così, dopo aver visto le immagini di una manifestazione inedita, che ha trovato accoglienza gioiosa nelle terre del tartufo e del vino di Alba e delle Langhe, capitali del marketing enogastronomico, sarebbe bello ascoltare qualche esponente della Riviera ligure che, in fascia tricolore, riconoscesse come il divieto alla Milano - Sanremo sia stata un colossale errore pubblicitario e un boomerang promozionale per una tracciato che, ora, potrebbe abbandonare la costa anche in futuro impacchettando la storia in naftalina esattamente come successo nel 2020. E con essa pure l’economia turistica.

Concessa tutta la buona fede del caso - dalla prevenzione pre Covid, che l’imposizione di una gara senza pubblico ha marginalizzato, ai disagi ferragostani che mai potranno eguagliare quelli di Autostrade – è mancata totalmente una visione di territorio pensando esclusivamente a quattro voti da campagna elettorale con gli albergatori savonesi, peraltro, a favore della Classicissima. Stride che tutto questo sia successo all'interno di una Liguria in cui l'ente Regione, obiettivamente, era stato tra i primi a far ripartire l'attività sportiva.

Immagini dell’uva pre vendemmia nel Roero, o quelle di una settimana fa tra le strade bianche del senese, piuttosto che i colori autunnali dell’imminente Giro d’Italia, sono spot di portata intercontinentale che non conoscono stagione. A cinque giorni dall’inaugurazione del nuovo ponte sul Polcevera e in epoca di spiagge affollate, la Liguria ha detto “no” a uno spot analogo. Hanno deciso per tutti una manciata di sindaci, con in primis la guida del capoluogo della provincia, su una totalità di 234 comuni che, se non saranno asserviti a ben più potenti dirigenti comunali, certamente, non emergono con una tempra da Cuor di Leone, chiaramente, non in grado di alzare la voce per difendere e propagandare la propria regione. Più facile, rinunciare.



Alle spalle, e ancora oggi, provvedimenti in cui la Liguria è stata affossata dai foresti. Questa volta, non è colpa degli altri. Si sbaglia tutti, fuori di dubbio. Ammetterlo, segno d’intelligenza. E così c'è da sperare che nella cabina elettorale del 20 settembre – giorno successivo a un Giro dell’Appennino, tornato internazionale, con arrivo in piazza De Ferrari, e profumato dalla novità del basilico dop che sul podio sostituirà i fiori – tra gli ingredienti dei candidati, sindaci o consiglieri regionali, ci sia anche quella parola spesso dimenticata dalla politica: coraggio.