salute e medicina

Ogni anno circa 4 mila neolaureati non riescono ad accedere alla specializzazione
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"Sono Roberta, e da oggi sono ufficialmente un medico. L'ordine dei Medici di Genova ha deliberato ufficialmente l'iscrizione all'albo di circa 150 medici, neoabilitati con il DL del 17 marzo, e fra questi 150 c'è anche il mio nome. Eppure ho un buco in pancia, dovuto alla paura. E non alla paura del virus o alla paura della morte, ma alla paura del futuro, mio e dei miei colleghi. A emergenza finita, infatti, sarò di nuovo disoccupata".

Così in un post su Facebook Roberta Rissotto, genovese e membro del Segretariato Italiano Giovani Medici Dipartimento Post Laurea, denuncia la situazione dei giovani laureati in medicina, ogni anno circa 12 mila in tutta Italia. "Di questi, circa 4 mila ogni anno restano fuori dalle borse di specializzazione dato che ci sono 8.500 posti disponibili: i medici non mancano in Italia, mancano i medici specialisti perché si crea una sorta di imbuto formativo dopo la laurea che anno dopo anno si va sempre di più ad acuire".

Una situazione che va avanti da anni e che l'emergenza Coronavirus ha reso ancora più evidente. "In queste ore vengono chiamati medici da tutto il mondo come Cuba, Venezuela o Albania: mancano pneumologi, infettivologi, anestesisti", continua a spiegare Roberta in collegamento Skype su Primocanale. "Un medico non specialista non può fare molto: anche per fare il medico di base serve una formazione di altri tre anni, mentre per entrare in Guardia Medica ci sono delle graduatorie aperte anche agli specialisti. Anche in questa situazione di emergenza sono usciti diversi bandi per cercare manodopera negli ospedali a cui chi è neoabilitato come me può fare domanda, ma verosimilmente non verrà chiamato nessuno di noi poiché servono ora più che mai gli specialisti".

Con il decreto Cura Italia, la laurea in medicina è diventata abilitante, per cui non è più necessario fare l'esame di Stato post laurea, ma i neoabilitati come Roberta non potranno essere d'aiuto negli ospedali fin da subito specialmente dove ci sarebbe più bisogno, ovvero "in terapia intensiva, dove un giovane con le competenze acquisite in sei anni può contribuire marginalmente". L'appello di tutti i giovani futuri medici allo Stato in primis e alle regioni è uno solo: "Vi chiediamo di aumentare le borse per far scomparire questo gap che nei prossimi anni rischia di diventare ancora più grande e di diminuire così il numero dei cosiddetti 'camici grigi', medici non specializzati".