cronaca

Bocciata la tesi sui fringe benefits ai tempi della Roma
2 minuti e 14 secondi di lettura
L'Agenzia delle Entrate vince la partita contro Antonio Cassano. "Fantantonio" dovrà pagare le sanzioni amministrative legate al "recupero a tassazione" della somma di 263mila euro, percepita sotto forma di fringe benefit quando giocava nella Roma (2001-2006) ed era, per i tifosi, "El pibe di Bari vecchia". La Cassazione, ordinanza n. 3231, rovesciando le sentenze di merito, ha infatti bocciato la tesi dell'ex fantasista del calcio italiano, secondo cui la norma non era chiara e dunque sarebbe scattata l'esimente per le sanzioni.

La Corte scrive che "nella specie, non si ravvisano gli indici rivelatori attestanti l'oggettiva incertezza interpretativa in merito al presupposto d'imposta ed all'interpretazione ed applicazione dell'art. 51 Tuir" (che indica i "Redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente"). Inoltre, prosegue la decisione, "nella motivazione della sentenza di merito, si dà atto dell'insussistenza di elementi sintomatici attestanti particolari problematiche interpretative inerenti l'individuazione del presupposto d'imposta, atteso che il contribuente non ha contestato con appello incidentale la fondatezza dell'attribuzione impositiva addebitatagli appello". In definitiva, conclude la Sezione Tributaria, la Ctr ha errato nel ritenere che "ai sensi dell'art. 8, del Dlgs n. 546/92 potessero rilevare esimenti soggettive attinenti la buona fede del contribuente".

Opponendosi all'esborso, Cassano aveva fatto ricorso alla Commissione tributaria di Bari che gli aveva dato ragione. Stessa cosa è accaduta anche in appello, dove l'Agenzia delle Entrate ha trascinato l'ex bomber nel 2012 per sentirsi dire anche dai magistrati tributari di secondo grado che "c'erano i presupposti legittimanti l'esenzione dalle sanzioni" perche' su questi 'fringe benefit' ci sono "condizioni di incertezza", non si sa bene che pesce sia, ed è difficile "l'individuazione del presupposto d'imposta", meglio lasciare tutto così. La Commissione tributaria della Puglia, nonostante lo stesso Cassano non avesse contestato che i 263mila euro erano imponibili - in quanto "corrispostigli dalla società sportiva alla quale era legato da rapporto di lavoro subordinato, per prestazioni professionali resegli dal proprio procuratore" -, decide che no, quei soldi non è chiaro come considerarli né quali "disposizioni" applicare.

Sull'orlo di una crisi di nervi, ma senza darsi per vinta, l'Agenzia delle Entrate ricorre in Cassazione. Agli 'ermellini' chiede se sia mai possibile che davanti a tasse non pagate su "componenti del reddito da lavoro dipendente" - terreno d'elezione del drenaggio fiscale - si possano "riconoscere gli elementi di oggettiva incertezza legittimanti l'esenzione dalle sanzioni amministrative". Non c'è "nessuna incertezza interpretativa", risponde la Cassazione rassicurando il 'braccio operativo' del fisco, ma quali "rilevanti perplessita' in merito all'individuazione del presupposto d'imposta", la Commissione pugliese "ha errato"