"Un bel tacer non fu mai scritto". E, soprattutto, mai fatto proprio da Massimo Ferrero, il cui show all'Università Luiss di Roma, dove è stato invitato in qualità di relatore di prestigio, ha inferto al cuore della storia sampdoriana una delle pugnalate più profonde da quell'indimenticato 12 giugno del 2014.
"Quando sono entrato a Bogliasco - ha raccontato il Viperetta agli studenti - per prima cosa ho visto un cancello rotto, le docce tutte guaste… con i Garrone alle spalle una società di serie A si presentava così. Io sono malato per i bagni, per una malattia presa da bambino, la pulizia in bagno conta molto”.
E poi altre amenità assortite, compresa una che peraltro apre anche uno squarcio di speranza sul futuro della società: "La Sampdoria mi è capitata, sono pronto per la Roma".
Al di là delle posizioni "personali" su Ferrero - Primocanale prese una posizione in tempi non sospetti, con la squadra lanciata e la società apparentemente ben strutturata - di fronte a queste esternazioni ad un sampdoriano di fede non può che restare la sensazione dolorosa di avere subito - e di subire continuamente - una violenza, quasi uno stupro. Non al proprio corpo, per fortuna e per carità di chi ne ha davvero subito uno, ma alla propria cultura, alla propria identità, alla propria storia, alla propria vita e alle persone che l'hanno rappresentata degnamente sino al 12 giugno del 2014.
Certo, anche prima non era tutto oro ciò che luccicava e chiunque abbia guidato la Sampdoria dal 1946 al 2014 ha commesso (anche) degli sbagli. Ma lo spirito guida è sempre stato quello del bene, del rispetto, della delicatezza verso questa creatura e i suoi tifosi.
Parliamo di persone che alla Sampdoria hanno dedicato se stessi, hanno impegnato risorse, profuso passione e che adesso vengono dipinte, dal loro successore, come personaggi da Medio Evo, a fronte di un rinascimento ferreriano descritto come "ho fatto" e in realtà caratterizzato da "pagherò".
Mi rendo conto che è difficile spiegare a Ferrero che la Sampdoria era dignitosa e amabile e rispettabile e adorabile persino quando a Bogliasco i cancelli erano davvero penzolanti e le docce funzionavano così così. Ci si allenavano gli Arnuzzo, i Ferroni, i Chiorri, i Tuttino, i Re, i primi "idoli", per esempio, di chi scrive. E magari chissà come era prima ancora. Poi è arrivato, come un dono inaspettato e persino troppo generoso per chi non pretendeva tanto, Paolo Mantovani. E dopo di lui il figlio Enrico, che raccolse l'eredità più dura della storia blucerchiata. E dopo ancora Riccardo Duccio Garrone, che con il sigaro stiracchiato tra le labbra non ci pensò un attimo a trascurare il golf e la caccia per consacrarsi alla "ballerina malata" e da lui adottata con amore. E dopo il figlio Edoardo, che non esitò a investire 40 milioni per riparare al danno della serie B, maturato come un frutto sgradevole al termine di un ciclo straordinario e con il padre Duccio a fine vita.
Quindi, Ferrero. A cui Edoardo, pressato da ambiente e famiglia e fidandosi forse troppo di qualcuno, ha elargito la Sampdoria, salvo poi pentirsene al punto da adoperarsi, anche oltre i propri limiti, per restituirla ai sampdoriani attraverso colui, oggi l'unico, che potrebbe davvero suturare la ferita e avviare il Rinascimento blucerchiato, Gian Luca Vialli. Rinascimento con la R maiuscola. Perché GLV, al di là di "come" farebbe alla guida della Samp, saprebbe sempre "come" trattarla. E di fronte allo scempio storico a cui abbiamo assistito oggi, fortunamente da lontano, sarebbe la cosa più importante.
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Il Medio Evo della Sampdoria di Mantovani e Garrone e il Rinascimento ferreriano
L'attuale presidente all'Università Luiss: "Prima di me, docce e cancelli rotti a Bogliasco"
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