politica

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Mi fanno sorridere affettuosamente quelli, non solo nel Pd, che si stupiscono dello scisma di Matteo Renzi. Che allibiscono che abbia costruito un diabolico gioco di Palazzo. Che gridano al tradimento come se in politica il tradimento non fosse il pane quotidiano. Mi stupisce che, ormai, i partiti o quello che dei partiti resta in vita, non tollerino più le correnti.

Renzi, tra le altre motivazioni, se ne è andato dal Pd perché non ce lo volevano più fra i piedi i suoi compagni di partito. Da Franceschini il più potente, a Zingaretti. E siccome nel Pd come in Forza Italia fa fatica a resistere la bella e complicata libertà di discutere e avere opinioni diverse il leader spodestato ha deciso di fare le valigie. Poteva farlo prima? Forse. Poteva andarsene dopo la bocciatura del suo referendum. Può darsi.
Il pensiero va alla Democrazia Cristiana che è sempre stato un covo di correnti e sottocorrenti, ferocissime le une contro le altre, ma guai al pensiero di una scissione. Convivevano più o meno bene anime di sinistra come Moro o Donat Cattin con anime di destra come Scalfaro o i dorotei. I congressi erano veri, ricchi di emozioni, sgambetti e, perché no?, tradimenti. Uno vinceva, magari cercava nuovi alleati e comandava il partito, ma sempre nei suoi governi portava anche esponenti di altre correnti. Se poi, al prossimo congresso, perdeva, tutto il panorama veniva ribaltato. La parola scissione, però, non veniva mai essere pronunciata.

Da qualche anno, invece le scissioni abbondano. Anche nei Cinquestelle: la prima e più clamorosa è avvenuta proprio a Genova due anni fa, con l’uscita della Cassimatis e di Paolo Putti. Persino nella monolitica Lega c’è chi non ha la stessa visione del Capitano. Ma, per ora, restano uniti.
Anche Toti non era più troppo gradito in Forza Italia. Le dichiarazioni di qualche notabile azzurro erano fin troppo chiare. Quindi ha fatto bene a andarsene. Coma ha fatto bene Renzi.
Il problema, e in Liguria sembra più evidente che in altre regioni, è che gli scissionisti, da Renzi a Toti fino a Calenda, guardano ai moderati.

Ammesso che ne esistano ancora di moderati, chi sono? Quelli di centro sinistra hanno l’orticaria al pensiero di un Pd rialleato con la sinistra che se ne era andata via non sopportando Renzi. Lo stesso vale per il partito del governatore Toti che cercherà di appropriarsi dei moderati di destra, forzisti delusi, ma anche chi a destra non se la sente di stare con Salvini e il suo linguaggio aggressivo o cattolici che non gradiscono l’esibizione di rosari e crocifissi durante i comizi.

Alla fine, a pensarci bene, i moderati di oggi senza la Dc che li accoglieva tutti, tendenti a destra e tendenti a sinistra, sono quel che resta della borghesia maciullata negli ultimi anni, i benpensanti, non avvezzi all’urlo e all’insulto, coloro che tremano al sentir pronunciare la parola “patrimoniale”, preoccupati dall’arrivo di troppi migranti ma anche dalla chiusura dei porti.
Sia Toti che Renzi e Calenda cercheranno di pescare anche in questo ipotetico centro, certamente soluzione più facile che convincere a tornare alle urne chi da anni ha scelto di abbandonarle.