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Un'intervista del ministro dem fa infuriare i pentastellati liguri
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Basta pronunciare le parole "Gronda" e "concessioni autostradali" con un 'accento diverso' per dare fuoco alle polveri in Liguria. Neanche 24 ore dopo il primo Consiglio dei ministri, lo scontro tra Movimento 5 Stelle e Partito Democratico sulle infrastrutture si accende di un nuovo capitolo. Ci ha pensato la dem Paola De Micheli, che dal pentastellato Danilo Toninelli ha ereditato il ministero a Infrastrutture e Trasporti, con un uno-due ben assestato alla figura. "Sono contraria alla cosiddetta mini-Gronda, perché significherebbe perdere almeno altri sei anni attorno a un progetto pronto". Non vedo problemi tecnici insuperabili, anche se quel dossier rientra nel tema più generale della revisione delle concessioni", ha detto e ripetuto più volte nella giornata.

Dichiarazioni che non sono piaciute affatto al Movimento 5 Stelle in Liguria.
"Se fossero vere darebbero il via a una lotta molto dura con il Movimento ligure", scrivono in una nota i pentastellati che non hanno digerito la parola 'revisione' sul tema relativo alle concessioni autostradale in capo ad Aspi. "Il fatto che si debba revisionare la situazione concessioni di Autostrade per l’Italia è certo. Revisione significa anche revoca delle concessioni per la tratta ligure della A10. La tragedia che ha colpito Genova e tutta Italia non rimarrà impunita. Noi tutti abbiamo preso un impegno con i parenti delle vittime, e nessuno potrà fermare la giustizia che queste persone meritano".

Anche le dichiarazioni sulla Gronda fatte dal ministro De Micheli non sono passate inosservate. Se il ministro "dice che ci vogliono 6 anni per iniziare la Gronda dei Genovesi, vuol dire non ha mai letto i dati dello studio di fattibilità. La Gronda dei Benetton invece è quella che vuol bucare 54 km di montagne con amianto. Davvero un Ministro del Pd è a favore di questo? Le soluzioni per le grandi opere vanno trovate subito, ora, per questo bisogna studiare insieme la versione migliore per i cittadini, non per le multinazionali. Lo vogliamo noi, lo vogliono tutti i liguri che verrebbero colpiti da questo progetto insano. I liguri vogliono risposte ora. E la Gronda dei Genovesi è la risposta. Veloce, meno costosa, senza amianto", prosegue la nota del M5s Liguria.

A puntare il dito contro il ministro dem ci pensa anche un altro alleato
di governo. Su Twitter il deputato di Leu Stefano Fassina, autentica stampella del Conte bis soprattutto al Senato, ha scritto un post nei contenuti più da opposizione che da forza di governo. "Ma il Pd vuole continuare con le politiche liberiste, così utili a colpire quelle fasce di popolo che poi votano Lega? La gestione dei monopoli naturali, come le Autostrade, va ri-nazionalizzata, cara ministra Paola De Micheli. Cari Movimento 5 Stelle che fate?", ha scritto Fassina.

Perfino Gianluigi Paragone interviene sull'argomento con una (sua) certezza:
"Danilo Toninelli ha pagato un prezzo altissimo per essersi opposto a una delle famiglie più potenti che ci sono in Italia e in Europa", ha detto in una intervista radiofonica. "Il fatto di essersi opposto ai Benetton ha un prezzo e lo stiamo vedendo. E' bastata un'intervista della neo ministra De Micheli per fare schizzare il titolo di Atlantia. Ancora una volta registriamo una convergenza oggettiva sul telaio del potere italiano tra il PD e una famiglia d'imprenditori italiani", ha concluso Paragone.

"Se il Pd intende ripercorrere le orme di Salvini, martellando il Movimento giorno per giorno prendendo le distanze e differenziandosi, lo dica subito prima di lunedi' e martedi', in modo da consentirci di regolarci di conseguenza". E' l'avvertimento invece che il senatore M5s Michele Giarrusso rilancia dalla propria pagina Facebook, con esplicito riferimento alla fiducia al governo.

Sorrisi di convenienza a parte,
il Consiglio dei ministri dovrebbe essere il luogo deputato per trovare una quadra. Sulle concessioni, sulle infrastrutture come su tutte le problematiche che il Governo deve affrontare per tirare fuori il Paese dalle secche in cui si trova.  Tra interviste, note stampa e post sui social sembra invece che la 'pubblica piazza' sia il posto in cui decidere in base alle reazioni e ai like. Un modo di scaricare le responsabilità a chi, invece, paga amministratori locali e nazionali con delega al governo.