cronaca

Il caso del gioielliere ex pentito di mafia ucciso a Chiavari
1 minuto e 11 secondi di lettura
Sono trascorse oltre due settimane e il killer di Orazio Pino, il gioielliere 61-enne ucciso nel silos di corso Dante a Chiavari, non ha ancora un nome.

Per dare un nuovo impulso alle indagini della Squadra Mobile genovese, si attendono per la prossima settimana i risultati del Dna affidati al laboratorio di Torino e dello Stub in mano ai tecnici di Roma.

Gli esami per rilevare eventuali tracce di polvere da sparo sono state compiute sui familiari di Pino, sull’ex socia della vittima Adriana Hernandez Escobar, con la quale c’era stato un pesante scontro giudiziario, il fratello di lei e il suo nuovo compagno oltre a un’altra persona. Ma l'attenzione degli inquirenti è anche su un'impronta isolata all'interno del silos che potrebbe essere proprio quella del killer.

La traccia parziale resa completa dai tecnici è stata isolata sulla telecamera del quinto piano, quella che avrebbe potuto riprendere l’agguato ma che, qualcuno, ha volontariamente rivolto verso il pavimento.

Secondo gli investigatori il killer avrebbe teso l’agguato al gioielliere raggiungendo il quinto piano del silos intorno alle 19.30.

La pista dell'omicidio maturato nell'ambiente di lavoro e dei rapporti personali sembra essere sempre privilegiata anche se il profilo dell'ucciso possa far pensare anche ad altro. I trascorsi di Orazio Pino all'interno della mafia catanese e le sue confessioni nella lotta tra la cosca Nicotra e quella dei Pulvirenti avrebbero lasciato pesanti strascichi.