Sto finendo di leggere uno dei libri più belli letti in questi ultimi mesi. Novantasei pagine scritte splendidamente da Antonio Padellaro, anni da inviato al Corriere della Sera, poi all’Espresso e, infine, fondatore de Il fatto Quotidiano. Si intitola “Il gesto di Almirante e Berlinguer” e prende spunto da alcuni sussurri. Racconta con eleganza e profondità una storia solo sussurrata perché praticamente senza testimoni. Di quattro o forse sei incontri segretissimi che si svolsero tra il 1978 e il 1981 tra il leader del più grande partito comunista europeo, Enrico Berlinguer e quello del partito postfascista, l’Msi, Giorgio Almirante.
Sei venerdì, nel tardo pomeriggio, in un ufficio al quarto piano di Montecitorio, quando il palazzo si era ormai svuotato e la politica fuggiva da Roma per il week end, loro due soli, accompagnati dai loro capiuffici stampa, il mitico Antonio Tatò che era l’ombra del capo comunista e Massimo Magliaro portavoce di Almirante. Magliaro è l’unico testimone vivente. Di questi incontri scrisse un bell’articolo su La Repubblica anni fa, Sebastiano Messina. Era uno scoop, ma fu presto dimenticato.
A Padellaro il merito di averlo ripreso con garbo, legandolo a quello che stava accadendo in Italia in quegli anni, gli anni di piombo e di misteri non ancora disvelati.
I due si scambiarono informazioni sul terrorismo di destra e di sinistra. Da acerrimi nemici. Anche da possibili obiettivi. Almirante considerato dalla sinistra “fucilatore di partigiani” viene invitato dal capo dei comunisti e accetta gli appuntamenti.
I due così si incontrano. Il gesto diventa un incredibile segno di altissima politica, di dimostrazione del senso dello Stato. Moro è stato ucciso, a Genova le Br ammazzano il commissario Esposito, scoppia l’affare P2, poi la strage alla stazione di Bologna, poi l’assassinio di Guido Rossa.
Brigatisti rossi e stragismo nero che si intrecciano. Due ideologie, il comunismo e il fascismo. E i due leader che compiono il gesto politico di scambiarsi notizie per cercare di salvare il Paese dalla morsa del terrore.
Berlinguer comincerà a morire sul palco di piazza Frutti a Padova il 7 giugno del 1984 e si spegnerà quattro giorni dopo. Nella camera ardente si presenterà Almirante, lobbia in mano. Un inchino davanti alla bara. Un altro gesto.
Tutto era politicamente enorme e umanamente sobrio. Un segno dell’altezza dei leader politici di allora.
Ebbene la lettura del libro di Padellaro ha il merito di obbligarci a riflettere sulla caduta verticale della politica italiana, senza tanti se e ma. E della qualità dei politici e dell’altezza dei leader attuali.
Mi si dirà: Almirante e Berlinguer, quarant’anni fa, un’era fa…. Giusto. Ma la qualità politica e il senso dello Stato non si misurano con il trascorrere degli anni.
Ora precipitiamo all’oggi e a questo noiosissimo caso Siri. Qui è mancato proprio il gesto, cioé un semplice e banalissimo passo indietro o a fianco, chiamato dimissioni. Non per colpe che non sono ancora accertate e toccherà farlo ai magistrati, ma per opportunità. Accertato, come ha spiegato ottimamente il professor Conte, un tentativo di marchetta. Fare politica vuol dire assumersi un dovere (non un diritto) morale nei confronti dello Stato. Saper fare un gesto. Impresa titanica per i politici di oggi.
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Il gesto di Almirante e Berlinguer e la politica di oggi senza gesti
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