cronaca

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Vagando per la Valpolcevera in cerca del luogo dove il cardinale Angelo Bagnasco stava per celebrare la messa dei defunti sotto il ponte spezzato mi sono trovato intrappolato nel traffico di un pomeriggio 2 novembre tra sole e pioggia. Non c’era da stupirsi per le code: è così da quel maledetto 14 agosto, con spiragli più o meno ampi aperti dalla buona volontà di Marco Bucci e del suo staff.

Non sapevo che la messa era stata trasferita nella piccola chiesa di san Bartolomeo della Certosa, nella zona “alta” della valle divisa per due, forse per tre. E’ così sono sceso da via Perlasca, appunto lo spiraglio aperto, per tornare indietro verso Sampierdarena, l’imbocco dell’ autostrada, per risalire verso Bolzaneto e ripercorrere tutta la strada in discesa, Bolzaneto, Teglia, Rivarolo…….

Un tranquillo venerdì nel primo pomeriggio di novembre con il tempo incerto e code dovunque, mezz’ora all’uscita del casello per superare Bolzaneto e poi altro tempo per arrivare davanti al Mercatone Unico e poi ancora un tappo, prima del grande incrocio Rivarolo, via Vezzani, verso l’altra sponda.

La messa era perduta e allora mi sono lasciato come prendere dal traffico ineluttabile della Valle spezzata, guardando sempre con un occhio quel ponte, prima in faccia alla mia discesa, poi di lato quando giravo verso Borzoli. Ho seguito in coda il traffico lento, su per le strette curve della salita, e poi della discesa che attraversa Borzoli, il suo snodo diventato un passaggio obbligato, come il passaggio a Nord Ovest, sono sceso verso Sestri, strade di colpo a senso unico strette, che se hai davanti un bus procedi a singhiozzo, svolti dal Chiaravagna e scendi ancora tornando indietro in un percorso che una volta era una strada che decidevi di percorrere solo tornando da quel paese diventato ombelicale tra passaggi obbligati, cantieri del Terzo Valico e ora sei come in una pista obbligata.

E sono risbucato a Sestri, in quell’altra pista che esce dall’autostrada, casello dell’Aeroporto, e torna a Sestri, prima della grande inversione per puntare il centro città, via Albareto, poi via Siffredi con quel ponte rosso affacciato sul nodo sottostante, poi via Rossa con il ponte mozzato che si intravvede a sinistra, Lungomare Canepa con il suo cantiere che lavora, il nodo di San benigno con i tir in fila che escono dai varchi e la Sopraelevata, infine, con i vigili appostati a impedire ai supertir distratti di imboccarla e provocare disastri…..

Fino a quando tutto questo?_ mi sono chiesto_ Fino a quando tutto questo, mesi, anni andrà avanti in questa città, che ora si lecca questa ed altre anche più recenti e dolorose ferite, il mare cattivo che mai sei era visto così, il vento a 193 chilometri orari, lo schianto lungo tutta la costa e poi su su nell’entroterra, falciato dalle raffiche e dalle frane: dai disastri quasi maledettamente glamour di Boccadasse e Portofino, Corso Italia, fino a quelli nascosti di Mele, Masone eccetera eccetera, che Primocanale continua a raccontare a spiegare in un perlustrazione del dolore e dell’informazione che non finisce più? Fino a quando?

Avremo il ponte entro 9 mesi se incominciamo subito_ ci aveva mentito l’amministratore delegato di Autostrade Castellucci, 48 ore dopo il crak. Se tutto riesce a partire avremo il ponte per il Natale del 2019 ci hanno detto Marco Bucci e ripetuto Giovanni Toti, nelle spire del cosidetto decreto Genova-Ischia. Promettiamo che la strada di Portofino ci sarà per Pasqua , _ci hanno cantato dal Levante disastrato e dallo scempio.

Per favore non annunciate più date, mesi, anni, non create illusioni mentre si naviga nel caos del traffico e delle difficoltà. Comprendiamo l’ottimismo della volontà, l’atteggiamento di fiducia che bisogna inculcare davanti a emergenze tanto grandi. Bucci e Toti hanno fatto bene a far intravvedere subito la reazione, la speranza, la “ripartenza”. Ma ora bisogna incominciare a essere pratici e concreti. Quel ponte per il quale non si sa ancora chi lo costruirà, con quale progetto, con quanti cantieri, con quali e quante ditte e dopo quale demolizione, ci vorrà molto più tempo. Non si scappa e lo ha spiegato molto bene un documento di un gruppo di ingegneri che ha studiato scientificamente il caso, sezionando le fasi e le operazioni necessarie. Avete visto bene grazie ai droni quale è il disastro di Portofino e dove poggiava una delle strade più belle del mondo, sulle rocce in mare. Le rocce non ci sono più. E allora quale grande opera sarà necessaria e come potrà poggiare sulla stessa superficie la nuova pista che può togliere il paese da un isolamento micidiale, non certo rimediabile via mare e con quel sentiero sul Monte?

I liguri sono gente tenace e dura nelle emergenze, ma devono sapere bene cosa lì aspetta. Forse lo sanno già quanto ci vorrà a riportare le cose a posto e tra di loro se lo dicono, ben comprendendo quell’ottimismo della volontà. Presto e bene _ ha detto anche il cardinale nella messa alla Certosa. Sul “presto” bisogna intendersi con concretezza pratica. Sul bene non ci sono dubbi.