
Secondo la nuova indagine Sechi avrebbe gestito, tramite prestanome, alcuni locali che gli erano stati confiscati in via definitiva nel 2012. I militari hanno messo i sigilli alla creperia di piazza Alimonda, a quella di via San Vincenzo e corso De Stefanis e in un altro locale di piazza Savonarola e un autolavaggio in via Poggi.
Secondo l'accusa Sechi avrebbe anche immesso soldi nella sala scommesse GoldBet di via Casaregis. L'inchiesta è nata dopo l'arresto a Genova di Rocco Falsaperla, pregiudicato accusato di tentata estorsione commessa a Nardò (Le): l'uomo contatta Sechi, che conosceva perché erano stati in carcere insieme, e gli chiede aiuto. Sechi lo ospita e lo mette a lavorare, in nero, per una delle sue creperie.
Dalle intercettazioni della procura di Lecce emerge dunque che i beni che erano stati confiscati erano rientrati nella disponibilità di Sechi. "L'operazione di oggi - spiega il procuratore aggiunto Francesco Pinto - dimostra come le infiltrazioni mafiose, nelle attività economiche, ci sono anche al Nord e in Liguria. Quello scoperto è proprio un caso di scuola che dimostra come sia difficile per un amministratore giudiziario la gestione di beni confiscati".
IL COMMENTO
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