"La formazione di una famiglia sul territorio italiano non può costituire scudo o garanzia assoluta di immunità dal rischio di revoca o diniego di rinnovo del permesso di soggiorno". E' uno dei motivi con cui il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso d'appello del Ministero dell'Interno contro la sentenza del Tar Liguria che aveva "graziato" uno straniero condannato per reati legati agli stupefacenti. In primo grado il Tar di Genova si era espresso a favore del migrante, facendo presente che andava "valutata la presenza di legami familiari debitamente dimostrati", annullando quindi il decreto del Questore della Spezia che aveva negato il rinnovo del permesso di soggiorno. Adesso il Consiglio di Stato, riformando la sentenza del Tar, ha evidenziato invece che "esiste una soglia di gravità, oltre la quale il comportamento criminale diviene intollerabile per lo Stato che offre ospitalità, da rendere vincolato il diniego di permanenza". Con la sentenza del Consiglio di Stato, il ricorso dello straniero risulta respinto: niente titolo per rimanere in Italia. A carico dello straniero al centro del caso risultano due condanne passate in giudicato, l'ultima riguardante il trasporto di circa 3 kg di hashish.
"Tutte le volte che l'amministrazione, pur dando atto dell'esistenza di vincoli familiari, si limita a sottolineare, ai fini del diniego, la particolare gravità dei reati e la loro reiterazione, senza spiegare perché gli interessi familiari siano subvalenti rispetto alla sicurezza dello Stato, non significa che sia per ciò solo inadempiente all'obbligo di motivazione - spiega il Consiglio di Stato - Occorre invece esaminare in concreto, anche al fine di evitare annullamenti meramente formali".
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