salute e medicina

Dal lunedì al venerdì tutti i pomeriggi dalle 15 alle 18.30 al Ducale
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Nella primavera del 2013 un piccolo drappello di persone cominciò a riunirsi intorno ad un’idea nascente: quella di contrapporre agli effetti devastanti delle malattie neurodegenerative o alle semplici conseguenze della senescenza, una sorta di sfida culturale e scientifica al tempo stesso.

Una serie importante di studi aveva dimostrato che i sintomi cognitivi della malattia d’Alzheimer, e quelli (sicuramente diversi) dovuti almeno in parte al fisiologico invecchiamento potevano essere rallentati in modo significativo se la mente veniva costantemente esercitata in differenti attività quali, ad esempio, il parlare almeno due lingue, risolvere problemi con strategie diverse, l’interazione con la musica, praticare con costanza e regolarità esercizi motori come conferma dell’unità inscindibile del corpo con la mente.
Di più, la socializzazione, lo scambio e il confronto tra persone sembravano allontanare i maggiori esiti della depressione e dell’isolamento.

Di tutto ciò molti di noi erano all’oscuro, ma fu Guido Rodriguez, che aveva diretto il servizio di Neurofisiologia Clinica del San Martino, a portare avanti l’idea e a cercare di realizzarla. L’altro grande attore dell’esperienza del Caffè della mente creativa (poi abbreviato in Creamcafe) fu Luca Borzani, allora presidente della Fondazione di Palazzo Ducale, che sposò subito l’iniziativa e fornì l’indispensabile supporto logistico, tecnico e organizzativo con il conforto dell’allora sindaco di Genova Marco Doria.

Dopo molti incontri, discussioni e trepidazioni, nell’ottobre del 2013 si aprì nei locali di piazza Matteotti 74 questa prima esperienza laboratoriale con una ventina di volontari a cui si sarebbero affiancati negli anni molti altri.
Oggi, a cinque anni da quella prima apertura, tantissimi laboratori si sono ormai stabilizzati: quelli artistici operativi o di metariflessione, legati al movimento dal chi kung, alla psicomotricità, alla ginnastica del metodo “Feldenkrais”, il teatro, le lingue inglese e spagnolo, i giochi matematici, gli scacchi, come utilizzare al meglio lo smartphone, la scrittura autobiografica, come riuscire a cantare anche non sapendolo fare, e trovare strategie mentali adeguate a superare gli avversari in un gioco popolare come il burraco.

Infine ogni settimana si riunisce il gruppo delle persone che assistono malati (spesso alcuni sono presenti) con differenti malattie degenerative cerebrali allo scopo di riflettere sulle malattie ed i loro sintomi e comprendere le differenti modalità della loro comparsa, cercando di trovare un supporto per la faticosa esperienza ed il lungo e spesso drammatico percorso del “caregiver”.

Ora i volontari si aggirano sulla quarantina e si è così scoperto che sono più le persone desiderose di “insegnare” qualcosa che i tempi di apertura e i locali disponibili, tanto che talora si fatica ad incastrare le diverse attività.

Il clima che si respira al Creamcafe è quello di una comunità che durante la settimana (dal lunedì al venerdì tutti i pomeriggi dalle 15 alle 18.30 e tutte le mattine un laboratorio) agisce nella massima libertà e riesce al tempo stesso a condividere le proprie esperienze; sembra un miracolo e forse lo è.