salute e medicina

Il direttore del laboratorio di Molecular Modeling & Drug Discovery dell'Iit
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Sono un chimico e attualmente guido il laboratorio di Molecular Modeling & Drug Discovery presso l'Istituto Italiano di Tecnologia. Mi occupo di chimica teorica e molecolare al computer. Insieme al mio team di ricerca progettiamo proteine, nanoparticelle e i farmaci di domani. Siamo i “computazionali” in gergo interno, il nostro compito è quello di studiare i dati statistici raccolti da altri gruppi di ricerca nel mondo, i cosidetti “big data”, e interpretarli attraverso innovativi metodi di analisi per dare una visione atomistica dell’evento, riproducendo il fenomeno studiato mediante la realizzazione di modelli e simulazioni al computer.

Recentemente abbiamo collaborato con l’Università di Padova ad uno studio, pubblicato sulla rivista scientifica Chem, che riguarda le nanoparticelle artificiali e la possibilità di usarle in futuro come sensori per individuare nel sangue e nelle urine marcatori cancerogeni per accelerare i tempi di diagnosi, permettendo di intervenire fin dai primi stadi. Il team di Padova era in possesso dell’evidenza sperimentale che le nanoparticelle artificiali riconoscono alcune sostanze piuttosto che altre presenti in soluzione e noi abbiamo spiegato il meccanismo alla base di questo fenomeno, fornendo delle simulazioni che illustrano per la prima volta il comportamento delle nanoparticelle. La nostra pubblicazione ha segnato un importante traguardo nella conoscenza delle nanoparticelle e nella ricerca di base che apre nuove prospettive per studi e applicazioni in campo pratico.

Gli obiettivi futuri sono quelli di creare nanoparticelle ingegnerizzate per individuare i marcatori del cancro presenti anche a bassissime concentrazioni nei campioni da analizzare, rendendo possibile l’attuazione di tecniche analitiche più rapide e meno costose di quelle attualmente in uso negli ospedali. Ma stiamo parlando di prospettive future.

Allora come muoversi sul piano della comunicazione dei risultati di oggi? Non parlarne, perché l’aspetto più interessante, almeno per il largo pubblico, riguarda il futuro? O parlarne, sottolineando fin da subito sulle applicazione di domani? A mio avviso, un giusto equilibrio fra le due. Comunicare un importante risultato nell’ambito della ricerca scientifica è buona prassi del giornalismo, tuttavia è fondamentale rispettare le aspettative e l’onestà intellettuale dei lettori. In questi casi il rischio più grosso legato ad un’eccessiva enfasi nel comunicare alcuni aspetti di una pubblicazione è quello di instillare false speranze tra chi legge, soprattutto perché l’argomento comunicato riguarda risultati della ricerca in campo medicale. Un secondo rischio è quello di generare imbarazzo agli autori del paper all’interno della comunità scientifica. Ecco perché bisognerebbe misurare i termini usati e soprattutto sottolineare in che fase del processo, per esempio di produzione di un farmaco, si colloca la scoperta fatta e quanto è lungo l’intervallo necessario prima di poter parlare di applicazioni concrete.


*Marco De Vivo- Coordinatore del laboratorio di Molecular Modeling & Drug Discovery presso l'Istituto Italiano di Tecnologia