cronaca

Maxi lite in tribunale, Comune e Regione si difendono
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Ci sono sempre i teloni blu. Sempre gli stessi, sul Fereggiano che scorre tra il cemento, accerchiato da finestre e balconi. Per ora placido, ma minaccioso. Sono passati 15 mesi e non è cambiato nulla: sotto il civico 65 di via Portazza, a Genova Quezzi, il versante è ancora sventrato dopo la frana che il 27 novembre 2016 buttò fuori di casa quasi 170 persone nel cuore della notte.

"È il classico disastro da manuale", dice Massimo Ferrante, il presidente del Municipio Bassa Valbisagno. Un vero pasticcio che vede coinvolti ben tre soggetti privati e due enti pubblici. A litigare sono i prioprietari del condominio, del versante e del terreno su cui poggia l'edificio, ma in una recente assemblea i residenti hanno deciso di entrare in contenzioso anche con Comune e Regione, chiedendo di intervenire subito in danno, addebitando cioè le spese a terzi in un secondo momento. Ma le rispettive giunte dicono che non si può fare, finché non si risolve la causa tra privati. Morale: i lavori sono fermi. E la paura cresce.

"Un versante protetto da semplici teloni rischia di collassare dal punto di vista della permeabilità. Ringraziamo la sorte che ci ha regalato un inverno e un autunno mite", ammette lo stesso Ferrante, architetto di professione. Anche i periti incaricati dal tribunale hanno appurato che, in caso di forti piogge, il versante franoso sarebbe esposto a erosione. Per metterlo davvero in sicurezza, oltre l'intervento d'emergenza pagato dai condomini nel 2016, servirebbe un nuovo muro di contenimento. Ma nessuno si prende l'onere di farlo.

Alla prima piena, insomma, il Fereggiano potrebbe portarsi via tutto. E a rischiare non sarebbero tanto gli abitanti di via Portazza 65 (il palazzo poggia su fondamenta solide, come è stato accertato nei giorni dopo la frana) ma l'intera popolazione del quartiere. Un nuovo cedimento potrebbe ostruire il deflusso dell'acqua e scatenare l'inferno per le case di via Daneo. Il tribunale deciderà valutando le ragioni della pubblica incolumità. Sperando che non sia troppo tardi.