salute e medicina

E' la seconda neoplasia più diffusa tra gli uomini under 50 anni
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 Il melanoma rappresenta la seconda neoplasia più diffusa tra gli uomini under 50 e la terza tra le donne nella stessa fascia d’età. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi per melanoma in Liguria è pari all’88%, leggermente superiore alla media nazionale (87%). Un ottimo risultato, se si pensa che è, parallelamente, in aumento l’incidenza della patologia, che fa registrare ben 14.000 nuovi casi ogni anno in Italia, di cui 500 in Liguria (dati: AIOM AIRTUM 2017).

Multidisciplinarietà, terapia personalizzata, pazienti più consapevoli: ecco le tre grandi sfide che gli esperti e gli operatori della salute che si occupano di melanoma si trovano oggi a fronteggiare per offrire ai pazienti colpiti il massimo dei benefici dalle terapie oggi disponibili.

A delineare le priorità, un documento realizzato grazie al contributo incondizionato di Novartis e stilato da un panel di esperti impegnati in prima linea nella cura di questa patologia oncologica presso centri di riferimento ed eccellenza nel nostro Paese, tra cui quello del Policlinico San Martino di Genova.

“La nostra struttura è specializzata nella presa in carico del melanoma metastatico, ovvero la forma più avanzata e di più complessa gestione della patologia. – spiega Paola Queirolo, Direttore Disease Management Team Melanoma e Tumori Cutanei, Policlinico San Martino, Genova - Visitiamo mediamente 500 nuovi casi ogni anno, di cui il 30% proveniente da località fuori dalla nostra Regione, a conferma del fatto che siamo riconosciuti come centro di riferimento non solo sul territorio ma a livello nazionale. I pazienti sanno che, rivolgendosi a noi, possono avere accesso a protocolli di cura innovativi, che includono farmaci a bersaglio molecolare o immounoterapici e diagnostica avanzata, tra cui la valutazione dello stato mutazionale che viene effettuata su tutti i pazienti nella fase avanzata della malattia, in tempi ottimali, grazie alla presenza di un biologo molecolare dedicato.”

Oggi, infatti, siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione legata alla scoperta di diversi tipi di melanoma: non è più appropriato parlare di un’unica patologia, ma di un insieme di malattie, che possono differenziarsi per le caratteristiche biologiche e cliniche delle lesioni nonché per la risposta alle terapie. In questo scenario, la diagnosi, il trattamento e il follow-up del melanoma rappresentano un processo molto complesso, nel quale più attori sono chiamati a svolgere in modo coordinato la loro parte: il chirurgo si affianca al dermatologo, all’oncologo, all’anatomopatologo, al radioterapista, al radiologo, al biologo molecolare. Nel melanoma metastatico, ovvero la forma avanzata, una sfida ancora più cruciale, da affrontare con la massima tempestività, è quella di individuare la cura giusta per il paziente giusto. La chemioterapia è oggi un’opzione riservata solo alla terza o quarta linea di trattamento. Sono disponibili anche farmaci target, in grado di legarsi specificamente ai bersagli molecolari identificati nelle cellule tumorali, e agenti immunoterapici, che potenziano l’azione del sistema immunitario contro la malattia. “Per usare al meglio queste nuove opzioni terapeutiche il team multidisciplinare deve entrare in gioco fin dal primo step, per effettuare la valutazione dello status mutazionale, come quella a carico del gene BRAF, presente nel 50% circa dei melanomi cutanei - continua la Prof. ssa Queirolo - L’individuazione della mutazione guida poi il team di specialisti nella scelta della terapia capace di agire in modo mirato su quel particolare paziente e quel melanoma, in combinazione con l’appropriata strategia chirurgica e radioterapica”.

Altrettanto importante in quest’evoluzione, è la condivisione di tutti questi nuovi saperi con il paziente, spesso confuso dalla complessità degli scenari e delle opzioni diagnostico-terapeutiche disponibili.

“Proprio per affrontare queste sfide e garantire i migliori standard di cura ai nostri pazienti, in presenza di melanoma metastatico il team multidisciplinare entra in gioco immediatamente. Il paziente non deve così essere re-indirizzato, come può accadere in altri centri che non offrono questa multidisciplinarietà, a servizi dislocati in diverse strutture o a specialisti diversi. Sono gli specialisti, dall’oncologo al dermatologo, dal chirurgo all’anatomopatologo, dal radio-terapista allo psico-oncologo, a mettere al servizio del paziente le proprie competenze, a seconda dei bisogni.- aggiunge Paola Queirolo – Siamo particolarmente orgogliosi di poter annoverare, tra le altre, proprio la figura dello psico-oncologo. Grazie agli avanzamenti terapeutici, la sopravvivenza è oggi triplicata rispetto al passato e il paziente, ma anche i suoi familiari, possono trarre benefici da un counseling psicologico che può aiutarli ad affrontare la cronicizzazione e gestione della malattia nel quotidiano. Sotto il profilo, infine, dell’empowerment del paziente, abbiamo promosso dei veri e propri congressi, attività di formazione più tradizionalmente rivolta alla classe medica, che noi abbiamo invece voluto mettere al servizio del paziente, offrendo informazioni e consigli su stili di vita, nutrizione, lavoro, previdenza sociale.”