cronaca

Durante la veglia, il Pontefice si è rivolto a chi è in fuga dagli Erodi di turno
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Nei passi di Giuseppe e Maria "vediamo le orme di milioni di persone che non scelgono di andarsene ma che sono obbligate a separarsi dai loro cari, sono espulsi dalla loro terra. Maria e Giuseppe, per i quali non c'era posto, sono i primi ad abbracciare Colui che viene a dare a tutti noi il documento di cittadinanza. 
 
 
 


A Betlemme si è creata una piccola apertura per quelli che hanno perso la terra, la patria, i sogni; persino per quelli che hanno ceduto all'asfissia prodotta da una vita rinchiusa", e il bimbo nella mangiatoia "ci spinge a dare spazio a una nuova immaginazione sociale, a non avere paura di sperimentare nuove forme di relazione in cui nessuno debba sentire che in questa terra non ha un posto". Questa la riflessione del Papa nella messa della notte di Natale, celebrata nella basilica di San Pietro con centinaia tra cardinali, vescovi e sacerdoti.
 
 
 
 


Papa Francesco si è rivolto a tutti coloro che sono in fuga per "sopravvivere agli Erode di turno che per imporre il loro potere e accrescere le loro ricchezze non hanno alcun problema a versare sangue innocente". Dopo la lettura della "Kalenda", il Papa ha quindi tolto il velo bianco dal volto del bambinello e guidato la processione, accompagnato da undici bambini in rappresentanza dei diversi continenti, per portare dei fiori alla statua. Il Vangelo è stato proclamato in latino e le preghiere dei fedeli in cinese, arabo, portoghese, rumeno e bengali.
 
 
 
 


Natale, ha suggerito il Pontefice, "è tempo per trasformare la forza della paura in forza della carità, in forza per una nuova immaginazione della carità, che non si abitua all'ingiustizia come fosse naturale ma ha il coraggio, in mezzo a tensioni e conflitti, di farsi 'casa del pane', e terra di ospitalità".
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