salute e medicina

Intervista al professor Angelo Michele Carella
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Ogni anno sono circa 32mila gli italiani che si ammalano di un tumore del sangue, che in due terzi dei casi colpisce persone con più di 65 anni. E le diagnosi sono in aumento di pari passo con l’invecchiamento generale della popolazione. Ne abbiamo parlato con il prof. Angelo Michele Carella già direttore divisione ematologia e centro Trapianti di Midollo, IRCSS San Martino-IST- Genova.

Cosa si intende per anemia?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito il concetto di anemia quando i livelli di emoglobina saranno inferiori a 14g/dl nell’uomo, 12g/dl nella donna e 11g/dl nella donna gravida. L’anemia sarà severa con valori inferiori ad 8g.


Come si deve procedere per l'inquadramento eziopatogenico dell'anima?

Uno stato di anemia deve essere attentamente valutato dall’ematologo per i sintomi ed i segni clinici che presenta il paziente, attraverso una valutazione rigorosa della storia clinica ed una corretta interpretazione dei risultati di laboratorio. Fondamentale l’origine etnica del paziente, l’esposizione professionale a farmaci e sostanze chimiche, radiazioni ionizzanti e presenza di una patologia digestiva. Nella donna andrà valutata anche la quantità delle mestruazioni ed eventuali aborti. Per entrambi i sessi accertarsi sempre che non vi sia sangue occulto nelle feci, nel qual caso sarà opportuno procedere alla colonscopia.

Come si classificano le anemie?
In generale si possono distinguere vari gruppi: a) ridotta produzione di globuli rossi per carenze acquisite o congenite di eritroblasti (genitori dei globuli rossi) o per ridotta produzione di eritropoietina spesso secondaria ad insufficienza renale; b) eritroblastolisi midollare, in pratica gli eritroblasti non maturano e muoiono nel midollo. In questo caso nel sangue periferico si osservano globuli rossi di volume aumentato (macrociti); a questo gruppo appartengono le anemie secondarie a carenza di vitamina b12 ed acido folico. La terapia in questi casi è fondamentalmente sostitutiva mediante somministrazione delle vitamine carenziali. Nei pazienti con anemia macrocitica, che abbiano valori normali delle succitate vitamine, andrà presa in considerazione la possibilità di una sindrome mielodisplastica. Tale patologia è più frequente nelle persone sopra i 60 anni; il midollo osseo in questi casi non produce cellule sane e questi pazienti possono talora evolvere in una leucemia acuta. c) Anemie dovute a ridotta sintesi dell’emoglobina quali le emoglobinopatie, talassemie, carenza di ferro, carenza proteica e gravi stati infiammatori. L’anemia da carenza di ferro è la più frequente ed è caratterizzata clinicamente da marcata astenia, adinamia, alterazioni delle mucose e degli annessi cutanei, in particolare unghie fragili, atrofia delle papille della lingua, stomatite angolare, gastrite, e così via… Nella donna sana si verifica una perdita di ferro fisiologica con le mestruazioni, la gravidanza e l’allattamento.Per definire la carenza di ferro oltre alla sideremia, di particolare importanza è la valutazione della ferritinemia e della transferrina insatura e totale. La terapia deve articolarsi da un lato correggendo le cause e dall’altro somministrando il ferro; d) anemie da ridotta sopravvivenza dei globuli rossi. Normalmente i globuli rossi vivono circa 4 mesi; in tutte le anemie si ha una riduzione della vita dei globuli rossi ma, in questo caso, l’accorciamento della loro vita è dovuta all’emolisi. Queste anemie sono caratterizzate dall’aumento della bilirubina non coniugata, presenza di globuli rossi giovani (reticolociti) nel sangue periferico ed incremento della quantità dieritroblasti nel midollo. L’emolisi può essere dovuta a cause intrinseche al globulo rosso, p.e. per difetto congenito o acquisito della membrana (sferocitosi ereditaria, emoglobinuria parossistica notturna, deficit di alcunienzimi, etc..) oppure per l’aggressione esterna da parte di autoanticorpi al globulo rosso (anemie emolitiche immuni). La conferma della presenza di anticorpi antiglobuli rossi si dimostra con il test di COOMBS.


La presenza di anemia potrebbe essere sottovalutata? 

Per evitare che questo avvenga è indispensabile che i pazienti con anemia siano seguiti dall’ematologo, il quale provvederà a fare una diagnosi corretta ed organizzare una terapia idonea che verrà effettuata in stretta collaborazione con il medico curante.


LINFOMI MALIGNI


Che cosa sono i linfomi?

Con il termine linfoma si indica fondamentalmente l’aumento di volume di linfonodi e altri organi linfatici e vengono distinti in Linfomi di Hodgkin e Linfomi non Hodgkin.

Quali sono le caratteristiche cliniche?
In una percentuale variabile non vi è alcuna sintomatologia ma solo l’aumento dei linfonodi; in un 50/60% di pazienti possono essere presenti febbre o talora febbricola, calo ponderale negli ultimi sei mesi, sudorazioni profuse, prevalentemente notturne, e talora intenso prurito (“sine materia”). La diagnosi del Linfoma deve essere effettuata solo con la biopsia.

Quale terapia nei Linfomi La terapia dei linfomi è diversa a seconda dell'istotipo.
Nel Linfoma di Hodgkin la terapia utilizzata nella maggior parte dei paesi è l'ABVD, associata o meno alla Radioterapia(soprattutto negli stadi iniziali): in Germania e in Austria viene utilizzato lo schema noto come BEACOPP. Con entrambi gli schemi terapeutici si ottengono guarigioni superiori al 70 -80 % del pazienti. Nei pazienti che ricadono o sono refrattari, le terapie di salvataggio con chemioterapia edAutotrapianto riescono a recuperare una parte dei pazienti; negli altri più sfortunati ,che ricadono o non rispondono anche a queste terapie, i nuovi farmaci quali il Brentuxumab-Vedotin e gli inibitori del checkpoint (Nivolumab e Pembrolizumab) sono in grado di determinare una remissione inimmaginabile fino a poco tempo fa.
In questi ultimi casi, si potrà utilizzare il Trapianto Allogenico, meglio se con terapia di condizionamento non mieloablativa, nel tentativo di controllare il Linfoma

Quale terapia nei Linfomi non Hodgkin?
Nella maggior parte dei Linfomi non Hodgkin, la chemioimmunoterapia con Rituximab e CHOP è ancora la terapia di prima linea .In altri istotipi, quali il Linfoma di Burkitt ed il Linfoma mantellare, si utilizzano terapie intensive diverse dalla CHOP. Nella maggior parte dei pazienti, tali terapie sono in grado di determinare la remissione completa. Molti di questi pazienti guariscono. Per i pazienti che non ottengono la remissione, nuovi farmaci innovativi, preceduti o seguiti da Alte dosi di chemioterapia ed Autotrapianto, hanno recentemente arricchito il nostro armamentario terapeutico. Ovviamente la radioterapia potrà ancora avere in alcuni casi un ruolo importante per controllare la malattia residua.