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La 'Superba' è partita ma non decollata
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 I numeri del turismo, ricordati nell’ultima settimana in consiglio comunale dall’assessore competente, oramai parlano chiaro: da anni i visitatori crescono in modo quasi esponenziale e si può dire che stiamo diventando una meta sempre più appetita da correnti diverse, dai flussi così rivoluzionati dai tempi moderni e dalle emergenze che scuotono il mondo. Ma è anche vero che non crescono i numeri degli alberghi e, anzi, stiamo assistendo a una brusca riduzione degli esercizi, con chiusure anche clamorose, come quella dell’Astoria di piazza Brignole.

Cosa vuol dire? Che aumentano i turisti, ma non cresce il tempo che trascorrono a Genova. Quello che vediamo con soddisfazione crescere è un turismo mordi e fuggi: arrivano, visitano l’Acquario, tappa di rigore, girano per le bellezze del centro storico (quelle che si sono riuscite a imporre all’attenzione generale) e poi se ne vanno.
Questo schema non cambia per i gruppi che scendono dalle navi da crociera, altro grande flusso in crescita, ma non determinante, ovviamente, per aumentare i soggiorni in albergo.

Allora come si risolve questo problema che “taglia” il turismo a Genova e riduce sostanzialmente le sue prospettive? Per indurre i turisti a fermarsi un po’ di più, a soggiornare consumando alberghi e ristoranti, ci vogliono altre attrazioni oltre all’Acquario, grazie al quale gran parte della nostra impalcatura ricettiva si è costruita.

Ricordava Beppe Costa, il presidente di Costa Edutainment, in una recente tavola rotonda crossmediale sulla Terrazza Colombo, dedicata proprio al turismo e al commercio, che l’Acquario ha compiuto 25 anni di attività. Venticinque anni sono un quarto di secolo e che cosa d’altro ci siamo inventati dopo il colpo di genio dell’Acquario, per molti anni la terza attrattiva in Italia per numero di visitatori, dopo i Musei Vaticani e Pompei?
Un fico secco ci siamo inventati, puntando genericamente sul Porto Antico, sul Bigo, sul fascino dei Rolli, su via Garibaldi , sui caruggi e i loro misteri, le loro chiese, gli oratori, i chiostri e sulla bellezza da cartolina oramai un po’ vista e rivista, di Boccadasse.

Non basta ci vorrebbe altro, ci vorrebbero una seconda e magari una terza attrazione, capace di “allungare” i tempi della visita, di “costruire” un percorso più lungo. Fino ad oggi l’unica idea, più volte lanciata e oggi con la giunta Bucci in Comune rilanciata è quella di valorizzare i Forti che dominano le nostre alture e che, raggiungibili e collegati e serviti bene e attrezzati, diventerebbero la seconda Muraglia al mondo, dopo quella mitica cinese. Chi ha oltre a noi, intorno alle proprie mura, in fronte al mare e con alle spalle la pianura, ben 32 costruzioni belliche che rimandano a epoche, guerre, invasioni, battaglie?


Ma “costruire” la nostra Muraglia costa troppo e ci vuole molto tempo e tanti sponsor e vie di collegamento, come quell’ipotetica funivia dai moli del Porto Antico al primo di questi Forti, che troneggia al Righi e della quale si fantastica da decenni. Invano perché siamo fermi alle chiacchiere.
Altre idee? Una che è tornata di moda è un museo a cielo aperto dell’immigrazione. Siamo o non siamo il porto dal quale sono partiti oltre cinque milioni di immigranti italiani verso il mondo, tra i quali i genitori di papa Francesco che lo ha ricordato, questo passaggio, nel suo viaggio di maggio a Genova?

Potremmo diventare l’altro capolinea di Ellis Island, il punto di arrivo negli Usa, nelle ‘Meriche’. Noi siamo il porto di partenza più di ogni altro in Italia. Possiamo fornire nomi, navi, date, ogni dettaglio sulle famiglie che sono partite dalla fine dell’Ottocento a tutto il Novecento grazie ai dati orami perfettamente informatizzati. Se inventassimo un luogo che ricordi quelle partenze, che le documenti e offra un ambiente di memoria toccante, il rilascio di un documento, la foto di una nave, questa occasione non potrebbe diventare un’attrazione per tanti figli e nipoti e pronipoti, di immigrati che tornerebbero a scoprire l’origine della loro storia famigliare, un suo passaggio così emozionante e decisivo.

Non si potrebbe costruire un museo della memoria con i nomi scolpiti in un percorso che “circonda” i nostri moli, già tanto gravidi di storia? Qualche uomo di buona volontà, come Fabio Capocaccia, a capo già dell’organizzazione che sta mettendo ordine in questa materia, sta lavorando all’idea da tempo, ma ci vuole una spinta per trasformarla in un fatto.

Fatti non solo parole. Come rivendica il governatore della Liguria Giovanni Toti, probabilmente preoccupato che non si faccia il salto tra il dire e il fare.

Infine una terza idea: dove ha scritto il suo “Milione” Marco Polo, se non in una cella da prigioniero dei nemici genovesi, a un passo da dove ora si trova Palazzo san Giorgio? E allora perché non ricordare la genesi di una simile opera, che ha fatto conoscere al mondo la Cina con la ricostruzione di quella cella in uno spazio del Porto Antico? Non potrebbe diventare quello un luogo di pellegrinaggio per tanti turisti dall’Oriente, dalla Cina le cui avanguardie già si avvistano da tempo? E per i turisti che girano un mondo sempre più cinese.


Sono tre idee per “allungare” i tempi di una prospettiva turistica che a Genova è partita, ma non è decollata. Ce ne potrebbero essere altre, che gli esperti di marketing hanno sulla punta della lingua. Ma perché non le tirano fuori e perché stiamo qui a contare i turisti che crescono, ma anche gli alberghi che chiudono?