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Il commento
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Genova è la città dei cinghiali, protetti dalle istituzioni, che hanno scelto come luogo di residenza il quartiere di Albaro: più confortevole, molto verde, molto “bene” . E il cinghiale è porcastro “bene”.

Ma Genova è anche la città dei maiali.
Hanno due gambe, due mani, una testa, parlano, vanno sul bus, forse in ufficio o in palestra. E, attaccati dalla prostata, pisciano agli angoli, portano i cani a scacazzare sui marciapiedi e se non ce la fanno proprio più, come è accaduto a Sampierdarena, defecano per strada.

Avete mai provato a passare da galleria Mazzini a piazza De Ferrari?
Ad attraversare la piazza intitolata nientemeno che al cardinale Giuseppe Siri? La piazza coperta davanti all’ingresso del teatro dell’Opera col nome di Carlo Felice? Per farlo è indispensabile tapparsi il naso, talmente forte è il puzzo di orina che permea le sacre mura del belcanto. Ci pisciano nottetempo gli abitanti dell’area.

Genova è anche questa.
A pochi metri la città turistica, le mostre al Ducale, la movida. A pochissimi metri i concerti o la galleria degli Infiniti Rattoppi. In mezzo il pisciatoio in progress che diventa cesso nei vicoli o appena fuori dal centro.

Non so se questo agire abbia un nome identificativo. Io direi: degrado urbano e civile.

Il prossimo sindaco forse non c’è bisogno che sia né “operaio”, né “manager”. Ma cow boy o sceriffo per andare a caccia di cinghiali e maiali. O un musicista che, come il pifferaio di Hamelin che su richiesta del borgomastro a suon di note conduceva i ratti fuori dalla città, faccia lo stesso con i porcastri e i porcelli.
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