politica

E’ corretto cambiare e fare finta di niente?
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E’ corretto cambiare casacca politica e fare finta di niente? Cioè restare con le chiappe pesanti posate sulla stessa poltrona a cui si è arrivati con un’altra casacca? La vicenda dei consiglieri entrati a Tursi o in Regione con i Cinquestelle (ma c’è un interminabile elenco di cambiocasacchisti dalla sinistra al centro) e dopo vari travagli trasmigrati spesso in mono-gruppi, riapre una questione molto italiana e molto antica.

Se per le elezioni politiche nazionali ormai il rapporto diretto tra eletto e elettore è inesistente, falsato dai capilista bloccati e soprattutto dalle indecenti catapulte di candidati esterni e estranei alla realtà locale (esemplare nella sua negatività quello di Minzolini imposto a Genova da Berlusconi e scappato senza che nessuno se ne accorgesse) per le elezioni amministrative vale ancora. In Comune abbiamo votato consiglieri che a volta conosciamo bene, con i quali abbiamo un rapporto magari di vicinanza abitativa.

Al di là della questione politica c’è anche una questione di legittimi interessi o di quartiere o di categoria. Un imprenditore, forse, preferisce mandare a Tursi o in Regione un collega che ha le sue stesse esigenze o necessità. Un geometra anche, così un insegnante o una casalinga con figli.

Dunque io voto Tizio per motivi molto circoscritti, ma anche perché appartiene a quel partito/movimento che risponde alle mie aspettative. Se poi Tizio, decide di cambiare partito/movimento rompe automaticamente anche un rapporto con me e con parte dell’elettorato che lo ha votato. A meno che anche io (o parte del suo elettorato) sia d’accordo con il suo cambiamento, cioè l’allontanamento dal partito di origine nasca anche da me come elettore di quel partito.

Sennò sarebbe opportuno che al cambio di casacca corrispondesse la fine del mandato, anche se non c’è nessun “contratto” firmato. Solo per decenza politica.