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Bersani guida la minoranza verso la scissione
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Sì al congresso in tempi rapidi: il segretario del Pd Matteo Renzi ha dettato la linea in apertura della direzione del Pd. Mozione passata con 107 voti a favore, 12 contrari e 5 astenuti. Ma è braccio di ferro con la minoranza, sostenuta tra gli altri dal ministro della giustizia, lo spezzino Andrea Orlando che voleva tempi più lunghi e fiducia a Gentiloni fino al 2018. A questo punto è probabile che Renzi si dimetta già sabato, quando potrebbe essere già convocata l'asseblea che dovrà decidere sulla data. A confermarlo è il segretario genovese Alessandro Terrile a Primocanale: "Oggi non si è parlato di dimissioni, ma si andrà in quella direzione".

"Dopo due mesi - ha detto Renzi - in cui tutte le volte in cui erano state avanzate proposte il giorno dopo ci è stato detto di cambiare posizione credo che un punto vada messo. Non io ma l'assemblea sovrana, io sono perché l'assemblea si faccia il prima possibile e ha la sovranità statutaria per decidere tempi e modalità del congresso".

Una direzione cruciale sul futuro del partito e sul voto dopo il referendum e la sentenza della Consulta sull'Italicum. "Credo che sia buon senso da parte di chi ha responsabilità di conduzione di una comunità accettare l'invito a fare il congresso prima delle elezioni". "Non possiamo più prendere in giro la nostra gente - ha detto in un altro passaggio - potete prendere in giro me ma non la nostra gente. Nel pieno rispetto dello statuto, con le stesse regole dell'ultima volta" si faccia il congresso. "Così che non si discuta da domani sulle regole. Ma torni la politica".

"Io non sarò mai il custode dei caminetti, preferisco il mare aperto della sfida che la palude. Facciamo il congresso e chi perde il giorno dopo dia una mano, non scappi con il pallone, non lasci da solo chi vince le primarie, non faccia quanto avvenuto a Roma".

"Io non voglio scissioni - ha detto - e se le voglio le vorrei sulla base di una discussione, se ci dovrà essere una scissione, e io spero di no, che sia senza alibi, non con l'alibi del calendario".

"Il voto e il congresso - ha puntualizzato - sono due concetti divisi e aggiungo che non sono più premier, non sono mai stato il ministro dell'Interno né sono il presidente della Repubblica. Quando si vota non lo decido io, questa visione 'giucascaselliana', quando lo dico io, va rimossa. Ci sono elementi positivi per votare prima e anche per votare dopo, è una discussione che fa chi ha responsabilità istituzionali. Ma sia chiaro a tutti che il congresso non si fa per decidere il giorno del voto".

Intanto Michele Emiliano ufficializza la sua discesa in campo per il congresso: "Quella di candidarmi alla segreteria è una cosa che sento di fare, necessaria". Ma, sottolinea Emiliano: "Un congresso ad aprile senza conoscere la legge elettorale, senza sapere quante sezioni sono commissariate e con la Pasqua in mezzo è una di quelle cose è una di quelle cose che fa rischiare la scissione".

No al congresso in favore di una conferenza programmatica da Andrea Orlando. "Il nostro statuto e il modo in cui si celebrerà il congresso non è adeguato ad una vera discussione perché è stato pensato in una fase diversa e serviva solo alla legittimazione del leader mentre noi dobbiamo costruire una piattaforma politica. Sarebbe come fare le tagliatelle con la macchina da scrivere e non credo che a fine percorso si sarà esaltata la partecipazione popolare". In questi termini Andrea Orlando esprime in direzione i suoi dubbi sul congresso anticipato proponendo una conferenza programmatica.

"Subito il congresso, che è lo strumento migliore per evitare la scissione". A dirlo questo pomeriggio nel corso della direzione nazionale del Pd è stata la capogruppo del Partito Democratico in Regione Liguria Raffaella Paita. "E' bene che il Pd discuta con il massimo della democrazia il proprio programma e la propria strategia - ha sottolineato Paita - e il congresso è senza dubbio il momento più alto, per un confronto di questo tipo. Non dobbiamo avere paura di dare la parola ai nostri iscritti e ai militanti. La conferenza programmatica non è sufficiente, serve una discussione congressuale. Lì emergono proposte e progetti. Abbiamo bisogno di una visione più ampia, anche per scegliere la nostra classe dirigente".