E così, mentre a Palazzo Tursi cercano di galleggiare in una confusa zuppa di pesce, Giovanni Toti che sta sempre di più facendo anche il “sindaco a distanza” di Genova se li cuoce con una bella frittura di paranza. Ospiti di questo pranzo gli operatori del mercato del pesce, trasferiti teoricamente dal mare in montagna dove invece di naselli e bughe starebbero meglio porcini e galletti per condire la polenta. Ma il colmo è che dovrebbero vendere pesce dove fino a poco tempo fa si vendeva il bollito.Battute a parte, il presidente della Regione convoca tutti a casa sua e fa quello che avrebbero dovuto fare anni fa, ripeto, anni fa il sindaco Doria e la sua giunta. Chissà se il leader regionale riuscirà a mettere qualche cerotto a un casino che sta rischiando di gettare in ginocchio un commercio strategico per Genova e a evitare danni anche a chi vuole andare in una trattoria genovese e mangiare pesce piuttosto che fonduta alla valdostana.
Quello che manca ai comunardi del Marchese è la velocità. In genere arrivano sempre dopo (a parte Crivello): brucia l’oleodotto? Arrivano a fiamme spente. Bruciano i boschi? Arrivano quando c’è la cenere. Arrivano dopo anche sul trasferimento del mercato del pesce che stava in un edificio precario e scarsamente igienico e quindi da rimettere in ordine. Ma non erano problemi di ieri, bensì di anni fa. Si ripete quello che sta accadendo in galleria Mazzini dove sembra che i lavori siano destinati all’eternità.
Ora si deve correre ai ripari. Doria non c’è ancora riuscito. Ci prova Toti. Chissà che non ce la faccia prima che i pescatori chiedano in prestito a Camogli il padellone per friggerci dentro gli inquilini di palazzo Tursi. Senza distinzione di tessere.
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