A fine anno chiediamo a intellettuali, politici e imprenditori una riflessione su Genova e la Liguria davanti a una delicata prova elettorale. Il primo contributo è del Magnifico Rettore dell’Università di Genova.
Quale futuro per Genova? L’interrogativo che pone Primocanale, ragionando sulla città, è per molto simile a quello che si pone l’Università, quando riflette su se stessa e sugli sbocchi occupazionali per i suoi laureati.
Viviamo in una città il cui bilancio demografico, da anni, è negativo. Lo è il saldo naturale e lo è il saldo migratorio. Nel primo caso, accade perché nascono molte meno persone di quante ne muoiano. Secondo l’Istat nel 2015 ci sono state 3.833 nascite e 8.362 decessi con un saldo naturale di - 4.529. A questo va poi aggiunto il saldo migratorio. Nel 2015, se ne sono andate da Genova 12.299 persone e ne sono arrivate 10.976, una differenza di - 1.323. Sommando i due dati si arriva al saldo complessivo di - 5.852 abitanti in meno in un solo anno: la città di Genova ha perso l’1% circa della popolazione e se questo trend proseguisse con pari intensità ci troveremmo, nel giro di cinquant’anni, ad avere la metà della popolazione attuale.
Possiamo fare qualcosa per invertire questa (probabile) tendenza?
Se, la città non è in grado di produrre nuovi abitanti, deve essere in grado di richiamarli da fuori. Londra ha saputo attirarne un milione in dieci anni, in gran parte stranieri. Ma anche Stoccolma, Monaco o Zurigo sono state capaci di crescere (e non solo demograficamente) grazie all’immigrazione. È stata la loro capacità di conquistare giovani talenti a contribuire fortemente al loro successo. E Genova, da questo punto di vista, può giocare le proprie carte: la collocazione geografica e il clima mediterraneo, il ricco patrimonio culturale, la qualità della vita sono incentivi reali, così come lo sono la sua università, l’IIT e le diverse aziende high-tech insediate nel territorio.
E così, se l’Università riuscisse ad attrarre 2-3 mila matricole in più all’anno da tutto il mondo, si può prevedere realisticamente che saremmo in grado di ripopolare Genova nel giro di quindici anni. Essere attrattivi per i giovani provenienti da tutto il mondo non porrebbe problemi occupazionali. Si creerebbero, anzi, nuove opportunità per tutti, in settori particolarmente innovativi. Il centro storico potrebbe tornare a nuova vita, e diventare una sorta di campus residenziale, vivace e frequentato come lo fu ai tempi d’oro della Repubblica marinara.
Il Comune ha lavorato molto sul turismo. Visit Genoa funziona come slogan e nella realtà. Ma passare da Visit Genoa a Live in Genoa è, probabilmente, la sfida più complessa per il futuro della nostra città. E l’Università vuole fare la sua parte, nell’ottica di trasformare gradualmente Genova in una città universitaria, nella quale la cultura e la ricerca siano potenti strumenti di sviluppo dell’economia e di crescita civile dei suoi cittadini.
*Magnifico Rettore dell’Università di Genova
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Genova obbligata a "produrre" i suoi nuovi abitanti
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