economia

Investimento da 35 milioni per la darsena nautica
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Una nuova sfida lanciata al mercato internazionale, ma soprattutto alla città e a quanti ancora reagiscono con scetticismo. È quella del cantiere genovese Amico, 35 milioni di investimenti entro il 2018 per dotare di infrastruttura un'area demaniale - la darsena nautica - e fare così di Genova il terzo polo nel Mediterraneo per l'accoglienza di mega yacht. A Primocanale il presidente Alberto Amico spiega le ragioni e le opportunità del progetto. 

Quanti le hanno chiesto “Ma chi te lo fa fare di investire 35 milioni a Genova?” – Ce lo fa fare uno stato di necessità. Siamo a un bivio, il nostro cantiere è arrivato a una posizione di leadership a livello mondiale. Ciononostante negli ultimi anni questa crescita ha avuto una battuta d’arresto per la capacità degli stranieri di crescere molto più velocemente di noi. O acceleriamo o diventiamo un cantiere di seconda fascia. Dobbiamo raccogliere la sfida di mercato per ciò che riguarda le dimensioni di questi yacht, sempre maggiori, sia per le sfide con la concorrenza.

Nel corso di un incontro avete lanciato questo progetto che porterà Genova a diventare il terzo polo per gli yacht. Avete trovato più entusiasmo o opposizione? – Forse l’understatement e la riservatezza genovese giocano un ruolo importante. Ad oggi, oltre all’appoggio di Confindustria, registro interesse ma anche preoccupazione. Che è proprio l'opposto di ciò che mi aspetto. Spero sia passato il messaggio per la grande opportunità che questo progetto rappresenta per tutta la città e non solo per il cantiere.

Preoccupazione che riguarda per esempio l’ambiente. In questo caso, però, il progetto va in direzione contraria. Il vostro per esempio è un cantiere coperto – In realtà sono stati fatti passi da gigante nelle riparazioni navali per la tutela dell’ambiente. Oggi le lavorazioni sono tutte a bassissimo impatto ambientale e tutte le aziende in porto hanno una certificazione. È un retaggio del passato e ci vorrebbe un po’ più di conoscenza del porto. Invito tutti a farsi un giro nelle riparazioni navali di oggi, forse è un falso problema. Tornando all’investimento, è fatto in gran parte di opere marittime e portuali. Noi non è che moriamo dalla voglia, perché normalmente sono opere fatte dalle autorità portuali. Siamo costretti a fare una proposta anomala, in cui un privato decide di investire sul demanio che è pubblico, per uscire da questa situazione di stallo e rendere un bene preziosissimo per la città, come la darsena nautica, fruibile a un livello accettabile.

Spieghiamo come si svilupperebbe il progetto – Occuperemmo il polo della cantieristica dedicato ai maxi yacht. Amico non è l’unico soggetto che vi opera, anche se noi siamo quelli più sviluppati nel mercato mondiale. Attendiamo di avere in concessione altre aree dall’autorità portuale per sviluppare la parte cantieristica dell’investimento. Le aree fieristiche sono di competenza del Comune per lo sviluppo del Blue Print, ma per il padiglione B abbiamo trovato la disponibilità del Comune a un utilizzo tutto l’anno fatte salve manifestazioni come il Salone Nautico. Poi veniamo alla parte di competenza dell’autorità portuale, la darsena nautica, ormai ex polo fieristico. In questa zona la cosa importante da capire è che a noi sembrerebbe opportuno un masterplan che regoli gli interventi. Noi abbiamo presente che ci sono esigenze portuali, che secondo noi possono trovare una giusta collocazione nel rispetto l’una dell’altra. Il nostro intervento porterebbe valore con un’economia generata dal transito dei mega yacht in una zona incompleta.

Stiamo parlando di aree sottoutilizzate e maltenute. Soprattutto il padiglione Jean Nouvel, che viene usato solo per pochi giorni all’anno. Quest’opera va in contrasto con quello che potrebbe essere il futuro del Nautico? – Non so più come dirlo. Tutti vogliamo bene al Salone Nautico e vogliamo difenderlo. Anzi, pensiamo di aiutarlo con investimenti che in questi anni non sono stati fatti, e non sta a me dire il perché. Il fatto incontrovertibile è che da sette anni l’utilizzo al di fuori del Nautico è stato molto limitato e parziale. E non è poco: mancano panchine, impianti, illuminazione. Noi pensiamo di far diventare questa darsena un fiore all’occhiello, un pezzo di tessuto urbano, con attività economiche compatibile con la città.

Parliamo di una cifra importante, 35 milioni di euro. Cosa si aspetta dalle istituzioni: Comune, Regione e Autorità portuale? - Non dico la parata in via Venti Settembre coi coriandoli, perché mai le vedremo. A parte le battute, registro un atteggiamento attivo da parte di amministrazioni non italiane per proporci ambiti già strutturati dove ci avrebbero permesso di operare. Qua stiamo facendo qualcosa di molto diverso: proponiamo noi di infrastrutturare le aree per poter operare in un arco di tempo adeguato. Cosa mi aspetto? Dialogo. Solo col dialogo si può capire l’importanza per la città di questo progetto, che ha un moltiplicatore molto grande. Se poi qualcuno verrà e proporrà di gestire al meglio questi stessi ambiti ben venga, vinca il migliore. Il nostro è un progetto aperto ai contributi esterni.

La vostra è una sfida alla città di Genova o ai mercati internazionali? – La sfida ai mercati, con un pizzico di orgoglio e presunzione, pensiamo di poterla vincere. Ci siamo assicurati tre-quattro commesse di lavoro importanti della durata di oltre sei mesi. Sono ottimista anche sul tessuto economico genovese. Sarebbe impensabile che questa sfida non venisse colta per ragioni che mi sfuggono.