Lui, Marcello Galli, genovese. Lei, Manuela Magalhaes, cittadina italiana ma nata in Brasile. Quella che hanno segnato è una vera rivoluzione. Hanno combattuto anni perché il loro bimbo, nato in Italia, potesse portare il cognome di entrambi. Cosa normale in Brasile ma non consentita dalle leggi italiane. Alla fine la Consulta della Corte Costituzionale, sollecitata dal Tribunale di Genova, ha aperto un’autostrada a partire dal loro caso: la trasmissione del cognome paterno non scatta più in automatico.
"È una spinta verso il futuro, un giro di boa. Una questione che riguarda sia uomini che donne". A parlare è l'avvocato Susanna Schivo, che ha seguito la famiglia durante tutto l'iter legale. Per capirci di più bisognerà aspettare le motivazioni della sentenza. Poi, spazio alle interpretazioni. La certezza è che d’ora in poi ai nuovi nati potrà essere dato anche il cognome della madre. Basterà comunicarlo all’anagrafe. "Prima di leggere le motivazioni - dice l'avvocato - è improprio dare valutazioni. Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è sicuro che le coppie che avranno un figlio nato nel matrimonio potranno derogare a quello che prima era un automatismo, in modo fondato esclusivamente sul loro consenso".
Intanto, Marcello e Manuela si godono la vittoria. E anche il piccolo va fiero della sua nuova identità ufficiale. "È abbastanza grande da capire - sorride la mamma - anzi, lui già usava entrambi i cognomi coi suoi amichetti a scuola. Sapeva che saremmo andati a Roma per questo e quando siamo tornati dicendogli che avevamo vinto ci ha abbracciati, felicissimo. Abbiamo voluto trasmettergli sia la cultura paterna che quella materna. È una vittoria non solo per noi, ma per tutte le donne e tutti gli uomini in questo Paese".
Troppo presto per pensare a un’ipotetica società a doppio cognome, sul modello sudamericano, in cui per ogni nuovo nato il genitore dovrebbe scegliere quale passare. Il contatto tra culture diverse, materializzato a Genova, potrebbe però segnare una svolta epocale. "Ne siamo consapevoli - dice il padre Marcello - finalmente si terrà conto di questa storica decisione. Purtroppo ancora una volta è stato anticipato il Parlamento, le tempistiche dovrebbero essere più reattive".
Ironia della sorte, l'anello si apre e si chiude a Genova. Nel 1979, fu la deputata genovese Maria Magnani Noya a proporre per prima il riconoscimento del cognome materno. Oggi, dopo quasi 40 anni, il capoluogo ligure diventa apripista nazionale. "La cultura di mia moglie ha avuto un peso importante. Devo ringraziarla - ammette Galli - perché mi ha reso più sensibile a queste istanze. Una grande esperienza di vita privata che si estende a un ambito pubblicistico". E alla domanda se si fosse mai posto il problema prima di conoscerla risponde: "Francamente no".
cronaca
Una famiglia italo-brasiliana di Genova dà il via alla rivoluzione dei cognomi
Sentenza storica: si può aggiungere quello della madre
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