economia

Ancora una seduta negativa per il titolo
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Banca Carige perde in Borsa quasi un altro 7 per cento. È vero che tutto il settore vive una giornata in rosso, ma la sequenza negativa dell'istituto ligure è tale da indicare una tendenza che va oltre le criticità contingenti. In mancanza di un elemento scatenante, in questi caso ci si interroga su che cosa stia effettivamente avvenendo intorno al titolo Carige. Spesso è finita sotto accusa la speculazione, voce indefinita ma ben presente sul mercato, sempre pronta ad approfittare della debolezza di un titolo. Probabile che questa componente resista tuttora e compartecipi all'ennesimo cedimento del titolo Carige, ma ovviamente c'è un'altra serie di concause che appartengono alla condizioni attuali di Carige.

Una delle ragioni principali della debolezza del corso azionario della banca ligure è certamente da ricercare nei cosiddetti Npl, i "non performing loans", traducibili in crediti deteriorati. Carige si è impegnata a cederne 900 milioni entro fine anno e a disfarsi di un analogo stock entro il 2017. Ma in che modo, secondo quale strategia, guardando a quale obiettivo finale? Il principale azionista di Carige, Vittorio Malacalza, ha detto che sugli Npl si stanno studiando anche soluzioni "eclatanti". Ma che cosa significa un'affermazione del genere?

Gli Npl sono un elemento cruciale del nuovo piano industriale stilato dalla banca per volontà della Bce, così come un altro snodo importante è rappresentato da una ulteriore riduzione dei costi, che dovrà derivare dal taglio dell'organico e dalla chiusura di tutta una serie di sportelli, non più compatibili con la focalizzazione territoriale di Carige. Che proprio Malacalza ha individuato nell'area ligure-toscana.

Anche in tal caso, però, al di là degli annunci ufficiali non ci sono spiegazioni che consentano di cogliere in pieno e al meglio la vera "ratio" delle decisioni. A dirla tutta, a volte si ha la sensazione che una soluzione piuttosto che un'altra venga prospettata non nel solco di una strategia ben identificata, bensì rispondendo a una logica consuetudinaria, che in certe situazioni si nutre di passaggi scontati. Come, appunto, quelli fin qui emersi: tagliare i costi, ridurre il personale e provare a vendere gli Npl meglio di ciò che il mercato dice (o sembra dire, se si vuole essere ottimisti), senza dimenticare certi velleitari obiettivi legati all'aumento delle commissioni, significa mettere in campo terapie non propriamente figlie di un guizzo di fantasia o di strategie capaci di sparigliare il gioco.

In questo contesto, così, Carige finisce per pagare in Borsa tutte le debolezze del settore bancario e le sue ancor più specificatamente, oltretutto con un sovraccarico legato ad una scelta che ogni giorno di più appare inspiegabile: la banca, infatti, nella sostanza non comunica, non spiega alcunché di quanto il management stia facendo o non facendo. Ad esempio, sull'ipotesi di aumento di capitale, che nei dintorni della Bce sarebbe ritenuto sempre più opportuno, finora esiste solo la general generica affermazione dell'amministratore delegato Guido Bastianini: "Non è all'ordine del giorno". Nessuno, però, spiega e motiva una simile scelta, pur a fronte di una Carige che ha visto precipitare la propria capitalizzazione di Borsa. La banca ligure, insomma, è prigioniera di in una sorta di limbo. Quanto potrà durare? E, soprattutto, quale sarà il prezzo?