Dentro ci sarebbero anche alcune buone cose, ma complessivamente la riforma costituzionale è una discreta schifezza. Già di per se', dunque, ci sono valide ragioni per votare No al quesito referendario del prossimo autunno. L'intervento del senatore Maurizio Rossi ne declina alcune fra le più rilevanti, ma il procedere della campagna referendaria sempre più mi convince che il motivo principale per cui bisogna fare una scelta di campo decisa è quello ormai giudicato politicamente scorretto: mandare a casa il premier Matteo Renzi.
In uno dei suoi tanti sussulti di arroganza, ad un certo punto il Fiorentino se ne uscì dicendo che se avesse perso la contesa avrebbe, appunto, fatto fagotto da Palazzo Chigi. Per mero tatticismo, i suoi antagonisti si stracciarono le vesti, ribattendo che in ballo ci sono le regole del gioco e non un giudizio capitale sul governo, quindi niente dimissioni.
Il timore, ovviamente, era - ed è - la mobilitazione di tutti i poteri, forti e meno forti, che sostengono Renzi. Basta vedere che cosa scrive il Financial Times, secondo il quale la vittoria del No sarebbe una sciagura per l'Europa tutta, in particolare per la crescita economica. Non dice, il giornale della City londinese, abituato a difendere interessi molto lontani da quelli dei cittadini, di quale crescita parli, visto che dalle nostre parti le tracce sono tanto labili da non produrre effetti reali.
Ora, però, Renzi sembra consapevole del rischio opposto, cioè che tutti i suoi avversari si coalizzino. Così fa retromarcia, ammettendo candidamente: "Ho sbagliato a personalizzare il voto". Si fosse fermato qui, avrebbe fatto un primo, semplice e salutare bagno di umiltà. Ma indossare il saio francescano al Nostro non riesce proprio. È una questione di pelle.
E allora eccolo uscirsene con i presunti risparmi prodotti dal Sì referendario: 500 milioni da destinare ai poveri, secondo quella logica della paghetta con la quale pensa ad ogni occasione che gli interessa di rabbonire gli italiani. Peccato che alla cifra aggiunga furbescamente uno zero, visto che i risparmi acclarati sono 50 milioni. Ma mica si ferma qui, il prode Fiorentino. Macché. Sul tavolo conta di metterci una manovrina sulle pensioni per alleggerire le forche caudine dei tempi di uscita dal lavoro e nel frattempo ha fatto epurare i direttori dei Tg Rai colpevoli di non essere allineati con il renzismo.
"Non ci ho messo bocca" giura lui dalla Festa dell'Unita', sagra di antica appartenenza alla sinistra ridotta a comitato per il Sì. Prima o poi ci dirà che Nostro Signore è morto dal freddo perché stava ignudo sulla croce, ma intanto pretende che gli si creda quando afferma che il mega direttore di Viale Mazzini, Antonio Campo Dall'Orto, nominato proprio da Renzi - ma questi sono dettagli... - abbia fatto tutto di testa sua.
Non ci ha messo bocca, caro premier? E ha sbagliato! Perché al primo stormir di fronde, in quanto azionista unico della Rai, la bocca avrebbe dovuto mettercela. Chiamando Dall'Orto e dicendogli una cosa semplice: "Libero di cambiare, ma lo faccia dopo il referendum, altrimenti si porrà un problema politico rilevante". Ah già, ma Renzi dice che la politica non deve intromettersi nelle scelte dell'informazione. Difatti chiudono tutte le trasmissioni che sul piccolo schermo a trazione pubblica hanno avuto il torto di fargli le pulci. Anche qualche direzione di testata privata, per la verità, sembra aver avuto la stessa sorte.
In questo quadro d'insieme e con il Fiorentino che ripete i mirabili risultati fin qui ottenuti - jobs act, banche e quant'altro - mentre gli italiani muoiono di fame o, nell'ipotesi migliore, stentano ad arrivare a fine mese, mentre la crescita langue, le imprese chiudono o tagliano gli organici e l'esercito dei disoccupati non riduce i suoi effettivi, noi tutti dovremmo andare al referendum d'autunno per votare Sì a quella discreta schifezza. Come se la riforma costituzionale almeno ci desse pane e companatico.
Oppure per dire No, però senza che lui se ne vada a casa. "Perché non ci sono alternative", recita il sermone massimo dell'ipocrisia da pensiero unico. Dimentichi della sagacia popolare secondo cui tutti sono utili, ma nessuno è indispensabile. Io non ci sto. Voterò No e lo farò proprio per riconsegnare Renzi alle sue faccende domestiche. Sarò politicamente scorretto, ma fatemelo dire.
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Votare no per licenziare Renzi, viva il politicamente scorretto
Il referendum costituzionale e i tatticismi politici
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