cronaca

Assente Mario Placanica, il carabinere che gli sparò
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Alla fine non si è visto, Mario Placanica, il carabiniere che uccise Carlo Giuliani con un colpo di pistola il 20 luglio 2001. Doveva esserci anche lui, a raccontare la sua verità, al convegno organizzato al NH Hotel Marina da un piccolo sindacato di polizia proprio nel giorno in cui Genova ricorda la vittima del suo G8, a 15 anni esatti dalla tragedia. Tanto rumore per nulla, un po’ di Polizia a presidiare il luogo, alla fine un nulla di fatto. In piazza Alimonda, nel frattempo, si è tenuta la consueta commemorazione, in un clima sempre più ristretto e sempre meno affollato.

“Ci ha provato, a venire, ma stava male. Non se l’è sentita. Dopo quindici anni di massacri, questo è il risultato”. A parlare è Franco Maccari, il segretario generale del Coisp. Ma invitarlo proprio nell’anniversario della strage non sa di provocazione? “E perché? È proprio oggi che bisogna discutere. Vogliamo raccontare la verità”. La verità, per loro, è che Carlo Giuliani era un teppista di strada, e che la morte se l’è cercata brandendo un estintore vicino alla camionetta dei Carabinieri.

C’erano, invece, diversi esponenti del centrodestra ligure. Non è voluto mancare Edoardo Rixi, assessore regionale e segretario regionale della Lega Nord: “Uno è libero di fare quello che vuole, anzi, semmai mi stupisce che non ci sia nessuno a rappresentare il centrosinistra”. In sala si accomodano Stefano Balleari e Gianni Plinio di Fratelli d’Italia. Assente il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri.

Tra i relatori c’è però Alessandro Sallusti, direttore de ‘Il Giornale’. Lui, che in una trasmissione affermò che “hanno fatto bene” a uccidere Carlo, dopo 15 anni spiega: “Le forze dell’ordine hanno fatto il loro lavoro. Decontestualizzare il fatto dal clima di quelle ore è un atto politico. Bisognava essere ore e ore in piazza per poter giudicare ciò che era successo. E il convegno? “Una provocazione, semmai, è intitolare piazze e aule a certa gente”, dice. Di certo il sasso, se qualcuno l’ha lanciato, nessuno l’ha raccolto.

In piazza Alimonda, intanto, davanti a una targa che ad alcuni dà fastidio, gli amici e i famigliari di Carlo si radunano in quella che ormai è diventata quasi una festa con cadenza annuale, in un’atmosfera intima, forse fin troppo. Di quel convegno, e di Placanica, si parla malvolentieri. “Non ci interessa. Vogliono farsi pubblicità, e noi non glielo permettiamo”, dicono i genitori Giuliano e Heidi. La mamma annuncia: “Quel Carabiniere voglio vederlo solo in tribunale, perché prima o poi la verità verrà a galla”.

Si lotta ancora per affermare una versione dei fatti diversa da quella della magistratura, che ha chiuso il caso parlando di legittima difesa. “Le testimonianze? Tutte balle, una roba da farabutti. Quella è stata un’imboscata del reparto. E così a Carlo è venuto a mancare persino un processo”, protesta il padre. E se “il dolore è un fatto privato”, dice Heidi Giuliani, “fuori c’è una festa della vita come abbiamo sempre fatto qui in piazza”.

C’è tempo anche per parlare di quella legge sul reato di tortura, di nuovo fermata tra le polemiche, che rischia di diventare un nuovo focolaio di rancori. “Serve una legge seria, che non prenda in giro il reato di tortura”, precisa Heidi Giuliani. Mentre Rixi ricorda che “la priorità è tutelare gli agenti e permettere loro di garantire la sicurezza. Poi è ovvio che, se qualcuno viene maltrattato in modo inutile, va perseguito”.