Il 26 giugno 1965, cinquantuno anni fa, i Beatles tenevano a Genova il loro secondo concerto italiano, al Palasport. Avevano i capelli lunghi come quei ragazzi che si radunavano in piazza Tommaseo sulle scalinate e che Il Secolo XIX raccontava come un singolare fenomeno, una moda, che stava diffondendosi in Italia e che non sarebbe stata soltanto una faccenda di capelli lunghi. Genova era nelle definizioni degli inviati dei quotidiani nazionali “la città più inglese d’Italia” per via dei broker, dei commerci marittimi, ma anche degli abiti grigi fumo di Londra, dei cachemire di Finollo e degli impermeabili blu lunghi fino al polpaccio di Scotch Corner.
Mi pare evidente che oggi Genova non è più la città più inglese d’Italia, ma la sua popolazione, anziana e molto impoverita, priva di giovani fuggiti a Milano o all’estero, è molto più simile agli inglesi vecchi e poveri delle campagne che hanno votato l’uscita dall’Europa perché a loro questa Europa non ha dato nessun beneficio. Nel migliore dei casi non se ne sono nemmeno accorti dell’esistenza della Ue.
Direte: che cosa c’entrano i genovesi impoveriti e anziani con gli inglesi anti-europei? Beh socialmente sono un po’ la stessa cosa: vivono in periferia, molti sono soli, vedovi o vedove, molti pensionati, alcuni erano classe media distrutta dalle crisi e diventata classe povera, i figli e i nipoti sono andati via in cerca di lavoro e soprattutto sono scappati i diplomati e laureati cioè le élites giovani della città. Facile, allora, che il voto di questi sia simile a quello degli inglesi anti- Europa: un voto di sfiducia nel futuro, di isolazionismo, di rifiuto delle riforme, populista, eccetera.
Con queste premesse come sarà possibile per Genova risvegliarsi dopo questi anni di palude? Solo se ci saranno ancora dei giovani che decidono di scendere in campo a fare politica e amministrazione da soli, senza ascoltare i “consigli” interessati dei vecchi marpioni che non avendo più la possibilità di farsi vedere in giro pena il rischio di essere presi a sberle o secchi d’acqua dalla popolazione, cercano di reggere i fili dietro le quinte del teatrino con l’obiettivo di trasformare questi ragazzi in gamba (ci sono) in burattini. Sarebbero, in questo caso, giovani vecchietti. Il peggio del peggio.
Che ci siano interessantissimi movimenti di giovani dentro e fuori dai partiti che stanno organizzandosi pare sia vero. La speranza è che vengano allo scoperto presto, senza aspettare altre occasioni. L’occasione migliore sono le elezioni a Genova (e a La Spezia). Che siano preparati sicuramente da buoni maestri (professori di scuola, docenti di università, professionisti liberi e disinteressati che sanno trasferire esperienze e conoscenze) ma poi camminino con le loro gambe e rischino.
Che non facciano come sta accadendo in qualche comunità politica dove si mandano avanti giovani-finti, guidati da personaggi ormai imbalsamati ma convinti chissà perché di essere sempre Intramontabili e Indispensabili. Se fosse così sarebbe meglio rinunciare, ma questa ipotesi sarebbe una sciagura per Genova.
politica
Avanti i giovani, ma senza Intramontabili nell'ombra
I genovesi anziani sono un po' come gli inglesi anti-europei
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