politica

Spicchi d'aglio
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Evviva le primarie. Qualunque esse siano, con e senza cinesi, magari un po’ inquinate, ma dove a volte un buon numero di cittadini va, scrive un nome su un foglio di carta e dice come la pensa su un tema decisivo per la vita di un Paese o di una città: la scelta della classe dirigente. Viva le primarie divisive, quelle che spaccano partiti e movimenti, che a volte accendono anche le passioni. Comunque esse siano sono un segno di partecipazione. Magari con compagni di viaggio ingombranti, alcuni fastidiosi, altri impresentabili. Ma almenosi sceglie e non si aspetta, inerti, la decisione di quattro padroni chiusi in una stanza a pesare i loro interessi.

Oggi si vota a Savona per scegliere chi dovrà essere il candidato-sindaco del Pd. Due nomi, due persone molto diverse: un uomo e una donna con le loro storie di vita, le fatiche, i successi, gli insuccessi, le delusioni, i compromessi e gli sbagli. Quelli che ci tiriamo dietro tutti, senza distinzione.

E se primarie significa spaccatura, non c’è da allarmarsi più di tanto. Oggi si divide tutto e ci si divide su tutto, dalle trivelle all’eutanasia, dalle diete vegane a quelli proteiniche, dall’euro a Masterchef. Meglio avere la possibilità di dividersi e di dirlo, piuttosto che essere costretti ad accettare a scatola chiusa un imbecille qualunque scelto però da un capo o da un gruppetto di capetti ossequiosi e timorosi.

Si può discutere su tutto, si può discettare sul metodo con cui si dovrebbero fare, sulle regole, sui paletti. Si possono contestare, ricusare. Ma cancellare l’istituto difettoso e liberale delle primarie sarebbe il più colossale errore che il Pd potrebbe fare.

Dunque vengano e ci dividano. Ci facciamo pure incazzare. Meglio che dover ingoiare un rospo intero e indigesto.