economia

L'offerta Apollo, Malacalza e le ipotesi di aggregazione
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Il fondo Apollo si offre di acquistare i crediti deteriorati di Banca Carige. Ma ad un prezzo che per l'istituto comporterebbe una perdita intorno al mezzo miliardo di euro, con inevitabili conseguenze sul patrimonio e sui parametri di equilibrio contabile richiesti dalla Bce. Per questa ragione, lo stesso fondo si dichiara pronto a investire 550 milioni per un aumento di capitale riservato, che lo porterebbe a detenere la maggioranza del principale istituto di credito ligure.

Tradotto in soldoni, lo stato dell'arte è questo. Ora bisogna vedere che cosa risponderà la banca. Il consiglio attuale, in scadenza, passa la palla a quello nuovo, che si insedierà subito dopo l'assemblea di giovedì. E che porterà l'imprimatur del maggiore azionista (17,5%) Vittorio Malacalza, il quale fra l'altro entrerà nel board con la carica di vicepresidente.

Secondo molti analisti finanziari, la risposta sarà negativa. Gli effetti della proposta di Apollo, infatti, saranno la diluizione della quota in capo a Malacalza e una perdita secca. Non le condizioni ideali per dire di sì.

In realtà, almeno al momento, c'è solo la possibilità di ragionare per scenari. Se Apollo si muove solo in base a una logica speculativa, punta a ripulire Carige dei cosiddetti "no performing loan", presi a prezzi di saldo, ad acquisirne il controllo e a rivenderla guadagnandoci proprio per averla messa in condizione di fare maggiori utili per minori accantonamenti e un maggiore margine di intesse.

Un'operazione fine a se stessa, puramente di mestiere per un fondo, ma proprio per questo destinata a essere vissuta come ostile da Malacalza. Che sarebbe indotto a cercare l'alternativa dell'aggregazione con un'altra banca, anche a costo di passare attraverso una ricapitalizzazione "in proprio". Secondo alcuni analisti di tratterebbe di un azzardo. Ma bisogna considerare sia il carattere dell'uomo, assai poco incline a farsi imporre le situazioni, sia il fatto che c'è chi giudica il titolo Carige fortemente sottostimato. Al punto che Banca Akros, ad esempio, conferma il giudizio "buy" (comprare) e fissa un target di prezzo delle singola azione fino a 1,60 euro). E allora, azzardo sì, ma non al buio. Dunque, Carige potrebbe diventare un terreno di battaglia.

Ma considerata la quantità delle criticità esistenti nel sistema bancario italiano (ed europeo), la Bce come vedrebbe una simile evenienza? Se è vero, infatti, che Francoforte spinge affinché Carige valuti con attenzione la proposta di Apollo, è anche vero che offre l'alternativa dell'opzione aggregativa, perché il faro non è provocare guerre finanziarie, bensì mettere in sicurezza gli istituti di credito che per le più diverse ragioni si sono indeboliti.

C'è allora un altro scenario possibile: che la Carige targata Malacalza respinga l'offerta, ma chiami al tavolo Apollo e gli proponga di ragionare in termini di alleanza. A quali condizioni, ovviamente, oggi è impossibile immaginarlo. Anche se dovrebbero essere almeno tali da convincere il fondo americano ad andare a vedere le carte.

Qui, peraltro, si incastonano i rumors, che non hanno avuto conferme, secondo i quali Apollo si muoverebbe su Carige in parallelo con l'offerta, in concorrenza con altri, per acquisire Etruria, Marche, CrFerrara e CrChieti. E l'obiettivo finale sarebbe l'aggregazione dei cinque istituti, che insieme darebbero vita al quarto-quinto soggetto bancario italiano.

Domanda: un argomento del genere potrebbe stuzzicare l'investitore Malacalza se gli venisse ritagliato un ruolo, a valle dei necessari aggiustamenti tecnico-finanziari, grazie alla sua attuale posizione di maggiore azionista di Carige? Una risposta non c'è. Ma a priori non si può escludere che possa essere positiva, tanto da far accettare la proposta del fondo americano.

Piuttosto, bisogna considerare che se davvero Apollo ha questo tipo di strategia - e il suo rappresentante in Italia, Andrea Moneta, è uomo avvezzo a impegni di tale dimensione, essendo un manager cresciuto nella squadra di Alessandro Profumo in Unicredit - non potrà ignorare, come tutti gli altri possibili protagonisti della vicenda, la presenza di un convitato di pietra chiamato politica. E più precisamente governo.

Poter risolvere in un sol colpo il caso Carige e la vendita delle "good bank" scaturite dal crac "controllato" di quelle che hanno scottato le dita di tanti azionisti e obbligazionisti, per il premier Matteo Renzi sarebbe un filotto straordinario. Tanto più rilevante non solo in termini sistemici, ma anche dal punto di vista della comunicazione elettorale, viste le scadenze alle porte (amministrative e referendum sulle riforme costituzionali).

Ma anche al netto di ciò, è impensabile che operazioni di questa rilevanza possano avvenire tenendo Palazzo Chigi ai margini. Chiunque ne sia l'inquilino. La circostanza, però, rappresenta un'ulteriore variabile nel supporre il futuro di Carige. Se ad aggiudicarsi le quattro "good bank" non fosse Apollo, Malacalza non potrebbe tentare di giocare la stessa partita con altri interlocutori?

Come si vede, una domanda chiama l'altra. In attesa delle risposte, che arriveranno da giovedì in poi, sembra esserci una sola certezza: il brutto anatroccolo Carige è mutato in oggetto del desiderio. Comunque un passo avanti, solo ripensando a neppure tre anni fa.