cultura

Il caso Regione Liguria fra provocazioni e buonismi
3 minuti e 41 secondi di lettura
Affiggere il Crocifisso nell'aula consiliare della Regione Liguria. Di fronte alla richiesta avanzata dal capogruppo di Forza Italia Angelo Vaccarezza è esplosa l'ennesima polemica di questi difficili giorni nei rapporti fra Occidente e Islam. Appunto dato il momento, non se ne avvertiva alcuna necessità. E tuttavia l'episodio torna utile per qualche riflessione.

In linea di principio, è difficile far torto a chi - Pd, Movimento 5 Stelle, Rete a Sinistra - ritiene che la laicità dello Stato e di tutte le sue articolazioni istituzionali vada preservata nel nome di una separatezza dalle questioni confessionali che rappresenta un caposaldo della stessa Costituzione italiana. Quella di Vaccarezza, dunque, appare come una evidente press di posizione dettata proprio dalla particolare fase che stiamo vivendo dopo la tragedia di Parigi. Visto che la cultura occidentale, comprese le sue radici cristiane, sono sotto attacco, allora è giusto alzare l'asticella della difesa dei nostri valori.

Presa per questo verso, ci può anche stare. Solo che la strumentalizzazione politica che ne è derivata ha convertito l'idea di Vaccarezza in una provocazione e, per converso, la reazione delle minoranze consiliari in Regione nell'ennesimo eccesso di buonismo rispetto alla questione islamica. Siamo di fronte, insomma, al classico caso nel quale si cerca di piegare un argomento di grande, grandissima criticità agli interessi di bottega. Ognuno, cioè, si muove inseguendo il consenso della propria parte, cercando di allargarlo nell'altro versante con una visione di tipo elettoralistica, da perenne caccia al voto.

È il limite più evidente della politica di fronte a un argomento che, al contrario, richiederebbe una maggiore attenzione e, soprattutto, una superiore aderenza al comune sentire dei cittadini. Secondo i sondaggi più accreditati, circa il 70 per cento degli italiani dice di avere con gli extracomunitari, a cominciare da quelli di fede mussulmana, "un rapporto normale".

Magari quella percentuale è fin eccessiva, ma le cose stanno effettivamente così se solo si fa un giro per le strade, si sale su un bus o su un treno, si va a prendere il caffè al bar. E questo vale per gli italiani e vale anche per gli extracomunitari, in primis gli islamici. Depurati gli integralismi di una minoranza, c'è un ampio popolo islamico che neppure si sogna di chiedere che nelle scuole venga impedito l'allestimento del Presepe o di festeggiare il Natale in altri modi. È l'eccesso di zelo di certi presidi e/o di certi professori a far sorgere il problema. E siccome di regola viene posto male, l'effetto collaterale è quello di radicalizzare le posizioni, con l'avvento di polemiche e di divisioni tanto inutili usato dannose se l'obiettivo è combattere e battere il terrorismo dell'Isis.

Che le nostre tradizioni vadano coltivate e difese, anche quelle di natura religiosa, non ho il minimo dubbio, e indiscutibile è che quanti arrivano in Italia da altri Paesi devono compiere lo sforzo non di adeguarsi ad esse, ma di accettarle. Come si fa con le leggi. Ma ciò avviene molto più regolarmente di quanto ci dica la politica, la quale coltiva invece un interesse alla divisione che tanto più risalta quanto più - insisto - produce consenso.

Se così non fosse, non cadrebbero nel nulla i ripetuti richiami di Papa Francesco a un recupero di valori che nulla hanno a che spartire, per stare al tema di calendario, con il Natale come da anni viene interpretato. Pone problemi, il Pontefice, molto scomodi, che confliggono con lo stile di vita occidentale in modo dirompente. Vogliamo per questa ragione iscriverlo al partito di chi vuole modificare alla radice i nostri comportamenti? Ovviamente no, se intendiamo il cambiamento nella sua accezione negativa, e tuttavia alcuni mirabili esponenti politici hanno mosso qualche timido passo persino in questa direzione.

Al cospetto di un argomento così articolato come la convivenza di culture profondamente diverse - non soltanto sul terreno religioso - è difficile, per non dire impossibile, arrivare a conclusioni esaustive. Abbiamo tutti, occidentali e islamici, un problema che si chiama Isis (vogliamo ignorare i milioni di profughi che fuggono dalle aree di guerra civile?). E tutti ne abbiamo uno che si chiama stare nello stesso Paese - non l'Italia, ma l'Europa provando a immaginarla finalmente unita - riconoscendo le diverse specificità senza che esse siano origine di qualsivoglia prevaricazione. È troppo chiedere una politica, allora, che punti a conseguire la pacifica convivenza e non a creare altre divisioni?