Spezia-Cagliari non era semplicemente la partita del riscatto dopo i tre punti in cinque gare, dopo i due 5-1 in testa e in coda alla deludente striscia di risultati. Non era semplicemente il match spartiacque tra i possibili destini di un tecnico e di un direttore sportivo.
Spezia-Cagliari era, prima che cominciasse, durante, e una volta conclusa, la partita forse più importante dell'era Volpi. In discussione non c'era soltanto una classifica fattasi nell'ultimo mese sempre più deficitaria e non solo lo stato mentale e fisico di una squadra e un allenatore apparsi improvvisamente alla deriva tecnico-tattica dopo i fuochi fatui di inizio campionato, quando
parlare di assalto alla serie A era diventato una normalità suffragata dai risultati.
No, qui c'era e c'è in discussione l'intera fase progettuale che aveva contraddistinto l'avvìo dell'era Miskovic-Bjelica. L'unico progetto organico, credibile e sostenibile anche dal punto di vista finanziario, a cui si fosse assistito dall'avvento di Gabriele Volpi alla guida del club bianco (estate 2008). Non certo perché il patron non avesse in precedenza elargito sostanze economiche ed attenzioni alla sua creatura, anzi.
Gli investimenti erano stati sin troppo onerosi, se si considera che dal ritono in serie B del sodalizio bianco, in ragione di campagne acquisti e nomi alla ribalta, medai e addetti ai lavori (a volte in modo superficiale, altre in maniera 'pelosa') si sono quasi sempre affrettati a definire lo Spezia 'regina del mercato di serie B'.
La storia è cambiata radicalmente lo scorso anno, quando è stato varato un piano triennale, a matrice fortemente croata, che ha portato a una maggiore razionalizzazione delle spese, riverberata sui bilanci, e a un piano tecnico che ha visto per la prima volta da sette anni in qua un allenatore completare l'intera stagione (culminata con un preliminare playoff, purtroppo perso) ed essere confermato per quella successiva. Il modello Rjieka trasferito alla Spezia, insomma.
Senza poter dimenticare il fatto che, dopo anni di distacco emotivo tra squadra e tifoseria (nonostante presenze allo stadio sempre significative), il popolo aquilotto ha ritrovato segni di effettiva identificazione nel gruppo allenato da Nenad Bjelica. Si è insomma per un'intera, abbondante stagione, respirato quel profumo di alchimia che mai, nelle tre promozioni dalla serie D a quella cadetta (la prima fu un ripescaggio) si era lontanamente percepita, se non in una sorta di entusiasmo e appartenenza unilaterale.
Spezia-Cagliari, dunque, metteva e mette sul tavolo tutto questo: un progetto che richia di interrompersi a metà, con tutto ciò che comporterebbe il ripartire daccapo, contrapposto alle necessità di non dover vedere andata una stagione a meno di un terzo del cammino e al bisogno tanto consueto nel calcio quando le cose sembrano precipitare, quello di 'una scossa'.
E in questo, tuttavia, la gara tra aquilotti e sardi ha funto un po' da sintesi, se non da paradigma: oltre mezz'ora di Spezia assatanato e sempre primo su ogni pallone, almeno un paio di volte vicino al gol: carattere, voglia, intensità e rapidità come mai nell'ultimo mese. Poi, preso il gol alla prima occasione ospite, la squadra che sembra squagliarsi all'insolito tepore novembrino. Il 'solito' gol incassato in avvìo di ripresa e poi, complice un arbitraggio scientificamente vessatorio, il via libera all'oggettiva forza del Cagliari, in uno sconsolante mix tra impotenza e fatalità.
Ancora tanti, troppi dubbi, dunque, sul futuro di una squadra e di un mister su cui la dirigenza sta ragionando e decidendo in queste ore. Decisione che chiama in causa molti fattori, non ultimo le intenzioni di Volpi, ribadite negli ultimi giorni a suon di smentite ma sempre fluttuanti nell'aria e nei pensieri dei tifosi che ora, davvero, dopo il tempo dei sogni, si sentono smarriti.
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Crisi Spezia, il tempo dei dubbi e delle decisioni
In discussione non solo una classifica, ma il peso di un intero progetto
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