politica

L'invettiva
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Mea culpa, mea culpa mea maxima culpa. Nostra maxima culpa. Da oltre quaranta anni raccontiamo sui giornali, in tv e negli altri trasbordanti mezzi di comunicazione, una Genova al tappeto.

Abbiamo incominciato negli anni Settanta, i cosiddetti “Anni di piombo”, dalla fondazione delle famigerate Br, precedute dai nonni della XXII Ottobre, al primo sequestro targato stella a cinque punte del magistrato Sossi, al primo omicidio del procuratore generale Francesco Coco, a tutte le primogeniture fiancheggiatrici e terroristiche della città che lanciava slogan come “Né con lo Stato né con le Br”. E sullo sfondo una Genova cupa, incendiata, gambizzata, tenuta in scacco, militarizzata invano.

Abbiamo continuato con la grande crisi delle aziende dell'Iri, anni Ottanta, le chiusure, i cortei, la rabbia degli operai, l'impotenza della politica, il modello PPSS in frantumi, pezzo dopo pezzo fino a ieri, anzi oggi. E sullo sfondo una Genova con meno lavoro, senza nuovo sviluppo, “in trasformazione” si diceva, ma verso che? Abbiamo raccontato la Genova del porto chiuso, di una nave sola in quel Capodanno malefico del 1982, neppure una sirena che celebrasse l'anno nuovo.

E' arrivato il 1992 delle Colombiane, qualche scoperta della bellezza dei vecchi moli recuperati da Renzo Piano, ma anche la truffa dei biglietti dell'Expò: come trasformare un Evento positivo in una figuraccia.
Già gli Eventi, sono arrivati uno dopo l'altro: dal Mundial '90, al 500esimo di Colombo, al 2004 da Capitale europea della Cultura...

Un pacco di miliardi, qualche trasformazione vera fino all'Evento degli Eventi, il G8 del 2001: morte, distruzione, sangue in mondovisione per mesi e mesi anche grazie alle telecamere di questa televisione. Nostra culpa? E sullo sfondo una città ferita, violentata fino al dettaglio.
E come dimenticare le alluvioni, da quella dei 37 morti del 1970 fino a ieri, quasi ogni anno lo spot tragico dei fiumi impazziti, del fango, delle vittime travolte, del disastro di un territorio saccheggiato dal cemento... Sullo sfondo una Genova fragile, impotente, in pericolo costante.

Abbiamo raccontato tutto questo e molto di più, ma che colpa abbiamo noi se questo era il nostro lavoro il compito professionale di raccontare, testimoniare, criticare? Ma che colpa abbiamo noi, se la nostra mejo gioventù l'abbiamo dovuta usare nel cratere di questa Genova passata dal boom della ricostruzione post-bellica al grande teatro dove si riassumevano le contraddizioni dello sviluppo, le più aspre tensioni politiche, perfino le esplosione dei contrasti della globalizzazione?

Tutto sulla ribalta di questa città Superba, orgogliosa, ma piegata, incazzata che si rialza e ricade, magari urlando con i suoi ragazzi “Non c'è fango che tenga!”. Ma che colpa abbiamo noi?