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"Non confondete le ricchezze della città con la classe dirigente"
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Il rilancio di Genova parte dal mare, attraversa la città coi suoi quartieri popolari e guarda oltre le montagne, verso la Lombardia. Primocanale ne ha parlato con Emanuele Piazza, assessore allo sviluppo economico del Comune di Genova, entrato in carica da otto mesi col difficile compito di superare la stagnazione. Il “piattone”, lo chiama lui: “Genova è la sesta città italiana, ma ha vissuto vent’anni fa una fase di stanchezza. C’è stato un calo demografico: da 850 mila abitanti che dovevano salire a un milione siamo diventati 200 mila: 250 mila in meno. Ma è una città ancora importante che può rilanciarsi da questa consapevolezza”.

IL PORTO – “Senza il porto – dice Piazza – Genova sarebbe una città marginale. Nel porto abbiamo il nostro centro fondamentale. Aggiungendo a questo l’offerta culturale e l’innovazione tecnologica spinta da Università e Itt, possiamo ancorarci stabilmente al Nordovest. Milano, Torino e l’area padana hanno ancora un Pil consistente a livello europeo oltre che italiano. Genova oggi è l’anello debole del triangolo. Ma grazie al porto, al turismo e alla piacevolezza dell’ambiente avrà ancora un ruolo chiave”. L’importanza del porto come punto di ancoraggio è stata ribadita nella Genoa Shipping Week: “Ci sono stati due momenti significativi – osserva Piazza – uno a Milano, dove Assagenti ha proposto Genova come porto della città, l’altro a De Ferrari, più simbolico e divertente, con le barche nella fontana. Per dimostrare che il porto entra in città”.

IL RICAMBIO GENERAZIONALE – “La città dei nostri padri non c’è più”, sentenzia Piazza. “Gli anni ’70 con le loro proiezioni di crescita, l’assetto sociale e industriale: quella città è finita. Le grandi opportunità di oggi sono il porto, l’innovazione tecnologica. C’è ancora l’industria, pensiamo all’Ansaldo. Abbiamo ancora tante ricchezze, ma è una città nuova, bisogna prenderne consapevolezza. Poi non mi nascondo: c’è il tema della classe dirigente. Il mio partito ha avuto un crollo, ma guardiamo anche alla vicenda Carige. Sono crollati i grossi riferimenti della classe dirigente, ne va costruita una nuova. Ma non facciamo quest’errore: si deve guardare alla città, non solo alla classe dirigente. E la città è ancora vitale”.

IL BLUEPRINT DI RENZO PIANO – L’architetto innamorato della sua città ha rivisto il piano della città, l’Affresco, e lo ha nuovamente donato alla città. Ma la città è pronta a scommetterci? “Assolutamente sì”, risponde Piazza. Anzi: “Il 23 settembre ci sarà l’atto di adozione formale da parte di Comune, Regione e Autorità Portuale. Sì, era l’ora. Ridisegniamo il rapporto tra città e porto e, mi piace dirlo, concludiamo vent’anni di discussioni su urbanistica e infrastrutture. Pensiamo alle linee di sviluppo che il Blueprint può generare: il Palasport potrà diventare un grande polmone dello sport, qualcosa che non vive episodicamente ma 365 giorni l’anno. Abbattendo l’ex palazzo Nira e il padiglione C ricreiamo con criteri di costruzione moderni un centro direzionale per dare una sede a tutte le realtà del settore marittimo. C’è un padiglione bellissimo, disegnato da Jean Nouvel, che viene usato solo sei o sette giorni all’anno: bisogna potenziarlo con esposizioni di qualità. E poi rilanciare le riparazioni navali nell’area prospicente la Fiera. Non è solo uno dei tanti piani di riorganizzazione o di abbellimento, implica un grande cambiamento culturale in tutti gli operatori coinvolti.

LA LIGURIA A EXPO – Con lo show del “Cannone” di Paganini, Genova e la Liguria hanno impresso un marchio forte nella kermesse milanese. Sala gremita per ascoltare Laura Marzadori, primo violino della Scala (a proposito di generazioni, solo 28enne) su un’inestimabile strumento che da dieci anni non si muoveva da Genova. “Ieri sera, finita l’allerta meteo – continua Piazza – siamo saliti a Milano. Uno spettacolo fantastico frutto della bellissima collaborazione tra Genova e Lombardia. Il Comune di Genova ha concesso l’utilizzo del Cannone e tutti i protagonisti di Expo ci hanno ringraziati. Abbiamo portato all’attenzione del mondo la cultura e la capacità artistica di Genova e della Liguria. È il segno che se le amministrazioni collaborano, qualunque sia il colore politico, si possono ottenere molti risultati”. E allora come mai non si riusciva a farlo quando Tursi e De Ferrari erano dello stesso colore? “È mancata la percezione che siamo entrati in una nuova fase. Le rappresentanze economiche sono cambiate. Faccio un esempio: a Genova ci sono 11 mila persone che lavorano in piccole imprese creative. Sfuggono dalle rappresentanze sindacali e politiche. Invece sono molto rilevanti. Ci vuole il coraggio di dire che la città sta cambiando”.

GLI IMMOBILI
– Un calo demografico da 250 mila unità, si diceva prima. “Da quando sono entrato in carica – dice Piazza – ho deciso di farlo diventare il motore della città. Abbiamo tanti immobili vuoti, sia pubblici che privati. Intanto, l’ancoraggio a Milano ci consente di aumentare la valutazione di quelli privati. Per quanto riguarda il pubblico, lavoriamo per restituire alla città i suoi spazi. Ad esempio: assegnare le ville storiche tramite bandi ad attività economiche e culturali. O la collaborazione col demanio per rivalorizzare i forti. La caserma Gavoglio: venerdì abbiamo fatto un altro passaggio del percorso partecipato. La Cna ci ha chiesto di farne una cittadella delle lavorazioni artigianali smart. Così si deve fare: creare energie, togliere il gesso a questa città, far sapere che qui si può fare impresa. Che la città è aperta. Se Genova ce la farà? Assolutamente sì. Questa città ha tante ricchezze. E non confondiamo la città coi suoi dirigenti.