turismo

2 minuti e 21 secondi di lettura
E’ un’atmosfera magica quella che respiri nel vicolo di Dolceacqua. Pure qui lo chiamano così. E’ la via principale del centro storico dove la luce arriva poco e il talento d’artista è di casa. C’è chi è nato qui e chi per ispirazione è arrivato da lontano. Lucia Clemente fa icone e porcellone dipinte a terzo fuoco, ottocento gradi. Acquirenti russi, ma anche sempre più italiani.

Parole d’ordine precisione e pazienza: “Ci sono dei procedimenti lunghi, durano settimane” rivela l’artigiana. C’è poi chi è lì da tre anni dopo una lunga esperienza a Bordighera. “Ma Dolceacqua è incantevole” dice Vincenzo. Ad affascinare nel suo scrigno sono le lampade d’artista con materiale di recupero: “Piacciono un po’ a tutto, una grande soddisfazione”. Ma a spiccare è anche la storia di Barbara. Il locale è gestito dal marito, tuttavia anche lei sa stupire con la creazione di oggetti che un tempo furono cialde di caffe grazie a un’idea nata per caso: “Faccio spille, collane e gioielli. Tutto di recupero”.

Il Rossese, oro di Dolceacqua - Rossesse? No, oro di Dolceacqua. Lassù al confine con la Francia l'avventura della vigna ebbe inizio con i frati benedettini e oggi rappresenta gran parte dell'economia locale grazie a un microclima giudicato unico. Cuore della produzione è la cooperativa del paese: trentacinquemila bottiglie annue e un obiettivo più importante di ogni fine commerciale: “Tenere vivo il nostro territorio” rivela Fabio Corradi della Cooperativa Riviera dei Fiori. Intanto il Rossese e chi lo produce è consapevole di quanto sia prezioso il suo sapore. Per tutelarlo ancor di più a Dolceacqua è nata una ricerca meticolosa che avrà presto il riconoscimento del ministero. Fine specifico: “Farne una storia dettagliata al servizio di consumatori e produttori” dichiarano da Confagricoltura.

Tra storia e gusto, la michetta di Dolceacqua - Fin troppo scontato chiedere quale sia l'abbinamento ideale. “Rossese” risponderanno a Dolceacqua. Loro, la michetta, la gustano con il nettare prodotto sulle colline del borgo ma permettono pure che qualche foresto sia allietato dall'accoppiarla con il cappuccino della mattina. Quello che conta in ogni stagione dell'anno è assaggiare la prelibatezza locale che rievoca un episodio in cui storia, tradizione popolare e leggenda sono strettamente intrecciati. Riferimento, i soprusi del tiranno Imperiale Doria della seconda metà del 1300. Oggi gli ingredienti sono recitati con cura da chi ha fatto della produzione di michette il proprio lavoro. Francesca Raffo dalla sua bottega a due passi della chiesa dice: “La differenza, poi, viene data come sempre dal mestiere”. E l’appuntamento per trovare tutto il paese che fa festa con la michetta è fisso: 16 agosto.