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Nessuno dei due vuole chiudere definitivamente la porta. Ma la guerra di nervi tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi sta arrivando vicino al punto di rottura. O nel tardo pomeriggio durante l'incontro, in bilico per tutta la giornata ma poi confermato per oggi alle 18, i due riusciranno a mettere nei binari il Patto del Nazareno o l'intesa sulle riforme salta. "Il tempo dei rinvii è finito, adesso è il momento di decidere", è l'ultimatum del premier a pochi minuti dall'avvio del vertice di Fi. Per poi aggiungere in tarda serata di aver voluto fare lo "strappo" del ciclista in salita per chiudere la partita domani ed evitare che qualcuno insista a buttare la palla in tribuna. Il Cavaliere ci sta ad andare a vedere le carte anche se respinge qualsiasi diktat nella riunione che suggella la pax con Raffaele Fitto e rilancia l'orgoglio di partito.

Gli spazi per un accordo non sono dunque affatto chiusi. Ma la tensione è comunque alta, come dimostra il duello tra Renato Brunetta e Luca Lotti. "Se l'Italicum cambia, il patto non c'è più", va giù duro il capogruppo azzurro contro le modifiche introdotte alla riforma nel vertice di maggioranza di ieri notte. "Se Brunetta esprime la posizione di Berlusconi, è inutile incontrarsi", è l'altolà del braccio destro del premier, Luca Lotti. Dal vertice del parlamentino azzurro anche Paolo Romani esce chiedendo di azzerare le correzioni dell'Italicum, unendo però la rassicurazione che gli azzurri "restano in campo per le riforme". Il rinvio della calendarizzazione della riforma alla riunione di domani della commissione Affari istituzionali del Senato fa capire come lo stallo della politica si riflette sui tempi del parlamento.

Ed è proprio questa situazione che Renzi è deciso a sbloccare. In un modo o nell'altro. O Berlusconi condivide il nuovo Italicum, e soprattutto l'accelerazione che mira all'approvazione in aula al Senato a dicembre, o il leader Pd andrà avanti a maggioranza, anche cercando in commissione accordi con le altre opposizioni. Ma al di là della cortina fumogena delle minacce, il premier non ha ancora suonato il gong. I pontieri, a quanto si apprende, sono ancora al lavoro e il messaggio recapitato a Berlusconi è che, se torna al tavolo, i margini di trattativa rispetto all'accordo di maggioranza ci sono ancora. Sia sulla soglia di sbarramento al 3% sia sul rapporto tra eletti con le preferenze e capilista bloccati si può ancora discutere. Le uscite di fedelissimi renziani, come Ernesto Carbone, contro l'ipotesi dell'allargamento dei collegi è un messaggio cifrato a Fi che sul numero degli eletti blindati si può ancora discutere. Imprescindibile per il premier è il premio di maggioranza alla lista. "No ai diktat, sì al confronto per la governabilità", è la sintesi su cui Silvio Berlusconi ricompatta, dopo mesi di tensioni, Forza Italia e la fronda guidata da Raffaele Fitto. Un'unità interna che, invece, il leader Pd dovrà cercare di costruire domani sera alla direzione dem. Dalla minoranza, chiarisce il ministro Maria Elena Boschi, "possono arrivare alcuni suggerimenti, ma non può essere la minoranza a decidere".