Avevano un codice d'onore da rispettare: rapine sì ma solo ai danni dei figli di papà. E che fossero italiani, meglio se genovesi. Era il capo della baby
gang interraziale 'Los Toros', un ragazzo ecuadoriano di 20 anni, a dettare le regole e a stabilire "guardando le scarpe e l'abbigliamento ma anche il tipo di telefonino che usava" se la vittima designata 'pescata' nel centro storico di Genova era da annoverare nel gruppo 'figli di papà' e quindi suscettibili di rapina.
Pedro Xavier Galvez Hernandez, 20 anni, considerato il capo dei Los Toros, arrestato con un'operazione di polizia con i membri della gang nel marzo scorso, ha raccontato al magistrato genovese il codice d'onore di una banda di ragazzini, alcuni dei quali minorenni, che ha portato a termine una decina di rapine a cazzotti e calci ai danni di loro coetanei genovesi sotto il segno distintivo di El Toro, l'emblema dei Chicago Bulls, la squadra di basket Nba.
Per i 'Los Toros', nove ragazzi ecuadoriani, cinesi, cileni, maghrebini e italiani, il magistrato ha ipotizzato il 416 cp, l'associazione a delinquere finalizzata alla rapina continuata e aggravata, un reato che porta al massimo della pena 10 anni di reclusione. Ma al di là del fatto in sé, sono state le parole di Hernandez a colpire duro perché, come ha sostenuto in poche parole il giovane ecuadoriano "il problema era la 'disparità
sociale'".
Ha detto Hernandez al magistrato: "Noi siamo costretti a convivere con problemi familiari e i nostri genitori non ci danno certo la 'paghetta' come fanno quelli della Genova bene. Così abbiamo deciso di prendercela da soli". Perché il loro disagio, la loro difficoltà, ha detto ancora Hernandez al
magistrato "era quella di non potersi pagare il cinema, la discoteca o magari una maglietta nuova".
E per potersi permettere tutto questo, per poter avere la 'paghetta' settimanale partiva la 'caccia' al ragazzino di turno che veniva adocchiato, valutato per l'abbigliamento e per il tipo di cellulare che si portava appresso, e poi aggredito a calci e pugni per portargli via soldi e telefono, l'iPad o quello che più piaceva alla banda. Dopodiché, il bottino veniva democraticamente spartito tra i membri della banda. La regola, dettata dal capo, era sempre la stessa, inviolabile: mai toccare ragazzi che "come noi hanno difficoltà a pagarsi una serata fuori".
cronaca
Presa baby gang: rapinavano "figli di papà" per pagarsi la discoteca
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